Il braccio di ferro sui buoni pasto partito da Padova con la battaglia Appe/Fipe verso un lieto fine con il giusto riconoscimento

 

«Siamo di fronte a un provvedimento che ci dà qualche speranza, ma abbiamo anche tanti dubbi su come verrà interpretato dalle aziende emettitrici». È un atteggiamento prudente quello di Matteo Toniolo, esercente, Consigliere dell’APPE – Associazione Provinciale Pubblici Esercizi – con delega specifica sui buoni pasto.
Il provvedimento di cui parla è la legge di stabilità 2015, con la quale il Governo ha alzato, a partire dallo scorso 1° luglio, a 7 euro il limite di defiscalizzazione dei buoni pasto (dai precedenti 5,29 euro): in pratica, fino a 7 euro al giorno erogati tramite “ticket”, il datore di lavoro ed il lavoratore non devono pagare contributi e Irpef, con evidenti vantaggi economici.
«Attenzione – precisa però Toniolo – perché l’aumento della defiscalizzazione vale solo per i buoni cosiddetti elettronici, cioè quelli caricati su smart card, mentre per quelli cartacei rimane il limite precedente, fermo da anni a 5,29 euro».
Grazie al “ticket” elettronico, per l’esercente sarà più semplice gestire le procedure di rimborso: non sarà più necessario controllare che i buoni siano scaduti, contarli, suddividerli, predisporre la fattura e inviarli alla società emettitrice. Grazie alle nuove tecnologie, tutto si svolgerà in automatico, con minori perdite di tempo e spese gestionali.
«Purtroppo non è proprio così – evidenzia Toniolo – noi esercenti dovremo comunque controllare che le transazioni vadano a buon fine, che le fatture emesse automaticamente siano corrette, che i pagamenti avvengano nei tempi e per gli importi previsti… senza considerare i costi e le difficoltà collegate alla necessità di dotarsi di apparecchio Pos».
Per poter accettare i buoni elettronici, infatti, gli esercenti dovranno avere un dispositivo (Pos), collegato alla rete elettrica e a internet.
«Per la precisione – puntualizza il rappresentante dei baristi – noi esercenti dovremo dotarci di un Pos per ogni ditta emettitrice, quindi almeno quattro o cinque dispositivi da tenere sopra il bancone, con relativa occupazione di spazio, groviglio di cavi, consumi elettrici, possibili guasti ed errori… non sarebbe più semplice avere un unico dispositivo che legga le carte di tutte le ditte emettitrici?».
«Ogni apparecchio Pos – prosegue Toniolo – ci viene dato in comodato d’uso, con un canone mensile in media di 10 euro, oltre a un costo fisso per ogni “strisciata” che si va ad aggiungere alle ordinarie commissioni che già dobbiamo riconoscere alle ditte emettitrici… in pratica, alla fine per noi esercenti il buono elettronico è meno conveniente rispetto a quello cartaceo!».
L’APPE, che si è sempre battuta contro le “storture” del mercato dei buoni pasto, porta l’esempio del recente bando della ditta Ferservizi, aggiudicato da Sodexo, che prevede la fornitura di buoni elettronici: il costo per l’esercente è di 100 euro + Iva per l’installazione del Pos, 10 euro + Iva al mese come canone di noleggio, una commissione fissa di 48 centesimi per ogni “strisciata” oltre alla commissione del 4,5%, un corrispettivo annuo di 25 euro + Iva per “gestione contratto”, 3 euro + Iva per ogni fattura emessa (10 euro + Iva se si chiede che la fattura venga inviata in formato cartaceo).
«Siamo di fronte – commenta amaro Toniolo – a una situazione paradossale: da anni chiediamo l’introduzione dei ticket elettronici e, adesso che ci sono i presupposti per poterli introdurre e diffondere, ancora una volta le ditte emettitrici vedono noi esercenti come limoni da spremere. Abbiamo già ricevuto la lettera di un esercente che ci ha comunicato che, proprio a causa dell’appalto Sodexo-Ferservizi, e i relativi insostenibili costi, probabilmente dovrà cessare l’attività. Abbiamo già chiesto alla nostra Federazione nazionale (FIPE) che si attivi sia a livello legislativo, che attraverso contatti con le ditte emettitrici, per cercare una soluzione a questa pesantissima situazione».