La mobile riarresta Elvira Bianco, era stata scagionata a febbraio. Era una delle donne di “Arafat” re albanese dello spaccio di droga a Padova

 

All’alba di questa mattina la Polizia di Padova, a conclusione di un’articolata attivita’ investigativa protrattasi per piu’ di un anno e tesa al contrasto del traffico di sostanze stupefacenti, ha eseguito sette ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip presso il Tribunale di Padova, nei confronti di appartenenti ad una organizzazione criminale responsabile dell’approvvigionamento e della successiva distribuzione di sostanza stupefacente, destinata prevalentemente alla ”piazza” padovana. Fulcro dell’organizzazione oltre a Refat Bahaj detto Arafat, 26enne albanese anche due volti noti dello spaccio di droga: Elvira Bianco, (nella foto) 46 anni napoletana residente al Portello e la vicina di casa fino a quando a febbraio la squadra mobile non l’ha arrestata Renata Camporese, (nella foto) 37 anni anche lei come la Bianco residente in via Marzolo in una casa dell’Ater. Gli altri arrestati sono Vivienne Beverini, 39 anni moglie di Refat, il fratello di Elvira Bianco, Armando Bianco, 36enne, loredana grassivaro, 35 anni e Maria Teresa olivieri, 39 anni.

L’operazione, condotta dalla Squadra Mobile di Padova si e’ incentrata sull’intenso traffico di droga, prevalentemente eroina, importata in Italia grazie ai contatti stabiliti con il proprio Paese da un ventiseienne albanese, regolarmente sposato con un’italiana, ritenuto il mandante delle spedizioni di eroina provenienti dal territorio balcanico. Le intercettazioni telefoniche delle utenze in uso all’albanese hanno permesso di individuare un piu’ ampio ed articolato gruppo di criminali che contando sulla complicita’ di alcuni familiari dimoranti in Albania erano in grado di organizzare il trasporto di grossi quantitativi di stupefacente dall’Albania verso l’Italia, dove potevano avvalersi – per la custodia ed il trasporto della droga – dell’appoggio di parenti ed amici gia’ noti alle forze dell’ordine.

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Gli accertamenti della Squadra Mobile di Padova hanno, inoltre, evidenziato come il ruolo delle donne destinatarie dei provvedimenti restrittivi non si sia limitato a meri compiti di custodia e trasporto dello stupefacente, poiche’ alcune di esse avevano impiantato una vera e propria attivita’ di spaccio, svolta in parallelo e, spesso, all’insaputa del giovane albanese, potendo le stesse contare su un vasto ”parco clienti” costituito da un ampio giro di giovani e meno giovani dedito al consumo di eroina, cocaina ed hashish. Nel medesimo contesto investigativo sono state effettuate numerose perquisizioni domiciliari, eseguite in stretta collaborazione don le Squadre Mobili delle province di Roma, Frosinone, Firenze, Venezia, Siena e Lodi.