Si conoscono in una chat gay, poi si amano e alla fine scatta il ricatto

 

Sul Corriere del Veneto di oggi Giovanni Viàfora racconta una storia di amanti gay: si erano conosciuti in chat, poi uno dei due aveva iniziato a pretendere soldi.
Una storia cupa, – scrive Giovanni Viàfora – nata su Internet e finita in tribunale. A.A. ha 34 anni, di Campodarsego fa l’operaio. Un giorno in rete conosce D.M., 36 anni, ragazzo di Padova, libero professionista. I due si piacciono, chattano. Poi decidono di incontrarsi. L’appuntamento è alla stazione ferroviaria di Camposampiero e anche di persona le sensazioni sono positive. Così nel giro di pochi giorni A.A. e D.M. si trovano di nuovo e iniziano un’intensa frequentazione, diventano amanti. Il più vecchio, D.M. (affetto da Hiv), chiede soldi al compagno: per ogni prestazioni vuole 150 euro, poi 250. E A.A. paga. Ma poi D.M. inizia a pretendere denaro anche senza alcuna prestazione. Anzi ricatta: «250 euro o racconto che sei omosessuale», scrive D.M. sul cellulare dell’amico. Fa sul serio D.M. In un messaggio, che sarà poi scoperto dagli inquirenti, si rivolge al compagno: «Guarda che non sto scherzando… domani vengo sotto casa tua a prenderli… vedi tu».Arriva un secondo sms: «250 euro, domani mattina vengo a prenderli davanti alla stazione, non voglio sorprese, alle 15 in punto».A.A. però si fa forza e decide di rivolgersi ai Carabinieri, confessando il ricatto a cui è costretto da quell’uomo conosciuto su Internet. Per lui è la fine dell’incubo. L’indomani all’appuntamento davanti alla stazione D.M. si presenta con la sua BMW nera, ma trova solo i militari dell’Arma, che lo arrestano.Il fatto risale all’agosto del 2004, ma solo ieri D.M. è stato rinviato a giudizio. Su richiesta del pubblico ministero Renza Cescon, il gip Cristina Cavaggion ha infatti emesso nei suoi confronti il decreto di rinvio a giudizio per il reato di estorsione (D.M. ha già una condanna per furto ed ebbe guai per una vecchia storia di droga). L’udienza è stata fissata il prossimo 22 aprile.