Giornalisti cattivi, firmato Diocesi di Padova

 

Dalla Duocedi di Padova riceviamo e pubblichiamo la posizione di don Marco Cagol, che richiama i giornalisti dopo la pubblicazione in settimana della notizia che il custode di Casetta Michelino, arrestato un paio d’anni fa per spaccio di droga, era uno dei componenti di una pericolosa banda di criminali che trafficavano in armi e cocaina. Clicca qui per leggere l’articolo del Mattino di Padova Crudeli i giornalisti o crudeli i fatti? Al lettore l’ardua sentenza

L’episodio di mala comunicazione che ha visto coinvolta “Casetta Michelino”, il centro diurno che da otto anni a Pontevigodarzere offre spazi di amicizia e servizio a tanti anziani, venendo incontro a tante famiglie presenta uno spaccato di quella contraddizione (ma per usare le parole di don Andrea Contin potremmo dire di quel confronto tra bene e male) che da sempre si gioca nelle nostre vite e nella vita della società. Uno spaccato dai molti profili.

Il primo profilo è quello della superficialità, del pettegolezzo, del sentito dire, degli “schizzi di fango”. È il frutto di un clima culturale basato sul sospetto, sulla necessità di avere un nemico o un capro espiatorio; o magari anche solo di avere un facile bersaglio di chiacchiere e maldicenze… un po’ come quegli adolescenti che per noia imbrattano muri, tormentano gli animali, o peggio fanno atti di vandalismo: E non sanno nemmeno perché. Un male senza motivo ma non per nulla meno nocivo.

Un secondo profilo è quello dei meccanismi della comunicazione, che tendono a lanciare forte la notizia negativa, e sono un po’ più reticenti a dire quella positiva (anche se ad onor del vero in questo caso lo hanno fatto). Questo profilo si radica forse nei nostri gusti, nelle nostre attese: ci piace di più (e dunque compriamo di più) la notizia scandalosa, forte, che scredita qualcuno e forse non ci importa poi tanto di approfondire e di capire: basta che soddisfi in modo impulsivo il nostro prurito e ci faccia godere un po’ delle disgrazie altrui. Dice forse di un fastidio che il bene fatto da altri ci provoca, quasi avessimo una sorta di complesso di inferiorità.

Un terzo profilo, che assume anche tratti evangelici, è che spesso chi fa il bene si trova a doversi difendere dall’accusa di essere colui che viceversa fa il male. Nel vangelo questo è presentato come la prova della solidità del bene e della giustizia, e c’è perfino l’esortazione a percepire la beatitudine dell’ingiusta persecuzione a causa del bene: ma ciò non esime una società e una comunità dal costante tentativo di purificarsi da questa ingiustizia, e dal denunciarla ogni volta che essa si manifesta.

Il profilo ulteriore, che però forse alla fin fine è il più importante, è che Casetta Michelino è veramente un’esperienza di bene comune, di bene sociale, di bene relazionale. Nata dal cuore di un prete e da un gruppo numeroso di persone legate alle comunità parrocchiali del vicariato dell’Arcella; è realtà che esprime moltissimi valori di cui la nostra comunità civile ha estremo bisogno, in questo tempo di crisi, di risorse scarse, di solitudine e povertà crescente: creatività e innovazione sociale, sussidiarietà, prossimità, relazione virtuosa tra istituzioni pubbliche e società civile, volontariato e gratuità, valorizzazione degli anziani nel loro territorio di origine, supporto fattivo alle famiglie nel territorio… e la lista potrebbe continuare. Non è giusto che un capitale sociale così consistente venga sporcato con del fango nato chissà dove e perché. Se una realtà come Casetta Michelino (e come le tante altre realtà che operano silenziosamente nel nostro territorio) viene macchiata, ce ne rimettiamo tutti noi.

don Marco Cagol
delegato vescovile per la Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Padova