Viaggiatori e cibo ai tempi di Galileo Galilei: l’appuntamento di Expo days mercoledì

 

Di lui e della sua presenza a Padova sappiamo molto: dove abitava, quali studi faceva e – come lasciò scritto – la sua passione per la città dove visse i «18 anni più belli» della sua esistenza. E non stiamo parlando di una vita qualunque, ma di Galileo Galilei, il cui nome è legato a filo doppio con quello della città patavino che lo ospitò. Ma c’è un aspetto che necessita ancora di approfondimento: come si mangiava e, di riflesso, come si viveva quotidianamente a Padova all’epoca di Galileo? «Cibo e viaggiatori a Padova al tempo di Galileo» è l’argomento del secondo degli Expo Days organizzati dall’Università di Padova. L’appuntamento è mercoledì 21 gennaio, ore 17, eccezionalmente ancora nell’Aula Magna di Palazzo Bo. Relatrici saranno le professoresse Stefania Malavasi ed Elena Svalduz.

Sia il cibo che la letteratura di viaggio sono da tempo oggetto di grande interesse che ha visto l’edizione di numerosi studi; entrambi identificano infatti città e territorio, codificandoli nei diversi periodi storici. Quanto emerge riguardo Padova durante il periodo che vede la presenza di Galileo rivela aspetti davvero

interessanti, che parlano di una città vivace e perfettamente inserita nei circuiti culturali del tempo, dove l’identità cittadina si identifica con la sua Università ed è

fortemente impregnata tanto dall’influenza veneziana quanto da quella che la presenza dei molti studenti stranieri esercitava. Nello stesso modo la vita “civile”

della città registra la presenza di personaggi di diverso rango che a Padova arrivavano per incarichi politici, o di viaggiatori – quali ad esempio il friulano Giovanni da San Foca, autore di un ricco “Diario” in corso di pubblicazione, o più avanti nel tempo Goethe – che a titolo diverso qui si fermano. Si intende dunque dare una visione pur limitata di quanto “offriva” la città al viaggiatore, in un periodo in cui la presenza di Galileo significava fervore di scienza, cultura, vita sociale e privata, dove anche il cibo aveva un posto di non poco riguardo. Da parte sua lo scienziato, che come quasi tutti i professori teneva allievi a pigione, si occupava direttamente degli acquisti per il vitto, che vedono soprattutto menu a base di carne: manzo, sovranello, gallina, bolliti, ma anche tanto pesce che fiumi e canali offrivano in abbondanza. Le cene ufficiali erano tuttavia quanto di più fastoso si potesse offrire a personaggi di rango: ambasciatori, alti prelati, nobili veneziani giunti in città dopo lungi e difficili viaggi percorsi quasi sempre a cavallo; tavole imbandite che proponevano tutto quello che cuochi di rango sapevano cucinare: dal pavone ripieno di uccellini vivi alle salse più complicate, fino a confetteria e dolciumi di ogni tipo. L’attenzione per il cibo andava di pari passo a quella per il benessere del corpo, non solo attraverso le conoscenze che i medici dello Studio andavano acquisendo, ma anche con i suggerimenti che personaggi quali Alvise Cornaro andavano trasmettendo con i loro scritti, suggerendo la pratica di una “vita sobria” che vedeva nel controllo e nella disciplina del cibo un valido strumento per il benessere della mente e del corpo, protratti fino alla vecchiaia, da viversi con attività di mente e di forze.