Camere di commercio? Piu’ costi che benefici, il caso di Padova raccontato (bene) dal Gazzettino

 

Ogni quattro euro che entrano in tasse ( diritti camerali) a malapena un euro esce in servizi. Lo stabilisce un impietoso studio dell’Upa Padova che fa i conti in casa Camera di commercio. Sancendo come la cancellazione dell’ente magari non sarà indolore, ma certo potrebbe interrompere un paradosso, per cui per aiutare le imprese per 100 si tira su dal territorio 400. Lo racconta Alberto Beggiolini sul Gazzettino di Padova di oggi in un articolo che riportiamo qui sotto
Camera di commercio, solo 5 milioni su 22 destinati alle imprese
Sul destino delle Camere di commercio, minacciate dal dimezzamento della loro linfa vitale, i diritti annuali dovuti dalle imprese, si stanno mobilitando categorie economiche e sindacati.
«Ovvio, fanno il loro mestiere», dice caustico Roberto Boschetto, presidente degli artigiani padovani di Upa. «I sindacati sono concentrati esclusivamente nella difesa dei posti di lavoro, che solo in Veneto sono 685, nel sistema camerale. E le categorie economiche ovviamente proteggono i loro introiti». Cioè le contribuzioni che le Camere assegnano a società partecipate, attività od iniziative delle stesse associazioni di categoria. «Introiti che però – precisa Boschetto – non vanno a tutti, ma quasi sempre ai “soliti noti”, che sono appunto coloro che si battono oggi in difesa degli enti». Boschetto, al contrario, canta ben fuori dal coro. «Io credo nella validità della riforma del sistema camerale prospettata dal premier: credo nella necessità di una radicale semplificazione della burocrazia italiana e nell’alleggerimento degli oneri che gravano sulle imprese. Bisogna eliminare i costi inutili, per le aziende e per i cittadini: è questa la priorità assoluta». E perchè non siano solo parole, Boschetto ha affidato un’attenta analisi all’ufficio studi di Upa, che ha vagliato i bilanci delle Camere di commercio del Veneto, resi pubblici dalla “trasparenza” contabile, e i dati di fonte SIOPE, il sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici, gestito dalla Banca d’Italia. «I risultati raccontano una realtà preoccupante – dice il presidente Upa – e mi confortano nei miei convincimenti».

Vediamo. Nel conto economico della Camera di Padova figurano 19.666.219 euro di diritti annuali, più altri 4.786.208 euro di diritti di segreteria (i soldi che si pagano per le visure camerali, ad esempio), più 742.418 euro di proventi diversi, per un totale di 25.194.845 euro di proventi correnti (fonte sito web CdC). Il flusso finanziario comparato, la “cassa” insomma (su dati SIOPE), racconta però che i diritti annuali sono di 16.412.624 euro, ossia circa 3 milioni in meno. «Sono i diritti non pagati – dice Boschetto – ovvero tutte le imprese che li rifiutano, per necessità o per altri motivi». Succede ovunque: a Verona lo scarto è di 4 milioni, così come a Treviso. Il totale resta comunque di tutto rispetto: circa 22 milioni incassati. Ma il dato che più preoccupa è un altro. «Cioè quello delle uscite per contributi e trasferimenti ordinari alle imprese. In Veneto su un monte di 116 milioni di incassi, l’erogato è di 24, circa un quinto». Padova non fa eccezione: su un incasso di 22 milioni ne eroga poco più di 5. «In realtà sarebbero quasi 9, ma comprendendo anche i denari destinati a se stessi, cioè al sistema camerale, all’azienda speciale Promex, o al parco Scientifico Galileo». Più in dettaglio, dei 5.214.799 euro effettivamente erogati, 1.755.410 vanno alle associazioni di categoria, 114.400 ad altre associazioni, 708.275 ai consorzi, 350 mila alla DMO del turismo, 595.644 ad enti e scuole, 1.641.069 ad imprese, 50 mila all’università.

Vediamo allora dove vanno a finire gli altri soldi. «Per il personale (117 dipendenti) la Camera spende poco meno di 6 milioni, altri 6.351.887 per acquisto di beni e servizi, il rimanente per altre uscite ed oneri. In pratica, l’ente camerale spende più per funzionare di quanto investe per le imprese».
Da tutto questo, il convincimento di Boschetto. «Le Camere di Commercio andrebbero unificate in un unico ente di livello regionale, per ottimizzare le risorse ed efficientare la qualità dei servizi. Potrebbe restare in capo agli enti camerali la sola funzione istituzionale della gestione del Registro telematico delle Imprese, con conseguente abbattimento del costo del diritto camerale a carico delle aziende. Alle associazioni di categoria potrebbero essere affidate le altre funzioni attualmente svolte dalle Camere».