Veneto Banca, troppo facile prendersela solo con Consoli e Zonin

 

Quelli che gioiscono all’arresto di Consoli, l’ex potentissimo amministratore delegato di Veneto Banca, hanno le stesse facce di coloro che un minuto dopo averlo votato per vent’anni in maniera acritica, davano addosso a Giancarlo Galan. Sempre alla ricerca di un uomo della provvidenza nel decennio scorso, il veneto medio in questo inizio di secolo in cui tutto è cambiato, cerca adesso un comodo capro espiatorio. Perchè era ed è più comodo puntare tutto su un uomo solo in cui riporre tutte le speranze e poi addossare tutte le responsabilità, anzichè dirsi in faccia la verità: il Veneto declina poichè c’è una intera generazione che ha vissuto su dumping contributivo e fiscale, investendo poco e niente in formazione e tantissimo in cemento e villette. Ed ora si trova spaesato di fronte ad una globalizzazione che richiede sempre più quelle competenze che tra Padova, Venezia e Treviso, salvo poche eccezioni, non ci sono. Per vent’anni si è guardato con sospetto chiunque andasse a studiare anzichè in fabbirca. Ora questi sono i risultati. E gli stessi che teorizzavano il “prima in Veneto” dicendo che le regole di Basilea 1 e 2 erano inventate dall’Europa brutta e cattiva, sono magari gli stessi che cercano per interposta persona, di far passare il messaggio che è tutta colpa di Consoli e Zonin. Ed un popolo rimasto ignorante al limite del barbarico, guarda il dito e non guarda la luna. Consoli e Zonin hanno concesso linee di credito inaffidabili agli amici degli amici, che, combinazione, erano gli stessi dei politici al potere. E così se ne sono andati per ora 20 miliardi di capitalizzazione, in attesa che altri 40 vengano “evaporati” quando Atlante scuoterà la pianta secca di piani di rientro inattuabili. Se gli storici tra cento anni dovranno raccontare l’inizio della fine del Veneto, un tempo florido, probabilmente collocheranno l’inizio della crisi in questi anni. Racconteranno di una terra che pur essendo culla della diplomazia veneziana, e di una delle prime università al mondo, si rannicchiò su se stessa, impaurita da un mondo che non aveva la capacità di interpretare. Come quando dopo la scoperta delle americhe i veneziani continuarono a scommettere sugli antichi commerci della via della Seta, così cinquecento anni dopo i veneti di oggi si sono raccontati che “piccolo è bello” e che “padroni a casa nostra”. Due secoli dopo in Veneto arrivò pellagra e disperazione. In questi anni decine di migliaia di giovani laureati se ne vanno altrove dove le idee contino di più di schèi e raccomandazioni. Alberto Gottardo