Referendum: Giaretta (Pd), “Risultato straordinario, l’Italia si ridesta”

 

Dal senatore del Pd Paolo Giaretta riceviamo e pubblichiamo:
Il risultato referendario è veramente straordinario. Superiore ad ogni aspettativa non dico nostra, perché eravamo viziati dalla speranza politica, ma dei tecnici dei flussi elettorali, che giudicavano difficilissimo  il raggiungimento del quorum.

C’è indubbiamente un significato politico. Il “basta!” che era emerso così evidente con la tornata amministrativa si conferma se possibile in dimensioni maggiori con il voto referendario. C’è un acclarato divorzio tra Berlusconi ed il paese, che mi conferma nell’idea che il Governo non potrà reggere: non si può governare se tre progetti sostenuti con forza dalla maggioranza (privatizzazione della gestione dell’acqua, rientro nel nucleare e legittimo impedimento, simbolo di tutte le leggi ad personam di B.) vengono così sonoramente bocciati.

Tanto più che il governo aveva fatto l’impossibile per rendere ininfluente il risultato. Fin dall’inizio, spostando la celebrazione più in là possibile ed evitando l’abbinamento con le elezioni amministrative, con il noto aggravio di costi di circa 300 milioni di euro.

Poi con la furbata dell’intervento legislativo sul nucleare, non vergognandosi Berlusconi (quanta distanza dal sentire comune anche in questo caso…) di anticipare che era un espediente per superare l’onda emotiva, ma che poi tutto sarebbe continuato secondo i programmi. Il silenzio accuratamente osservato dalle televisioni di stato, interrotto solo per l’intervento dell’Autorità per la Comunicazione.

Tutto questo non è servito e l’ondata di partecipazione popolare, vicina quasi al voto per i ballottaggi amministrativi, dimostra che c’è una voglia dell’opinione pubblica di riappropriarsi del proprio destino, di ritrovare il senso di una politica del bene comune, in cui la vivacità del dibattito non diventi fazione, odio, disprezzo. Ci sarà un motivo se la figura del presidente Napolitano è così apprezzata, al di là del merito delle sue decisioni: perché esprime esattamente l’idea di una politica mite, responsabile, seria di cui il paese ha bisogno.

Mi sembra importante, al di là del dato specifico del basta al berlusconismo, valutare alcuni sentimenti profondi che si sono palesati con il referendum.

Intanto la riscoperta della partecipazione. Su fatti concreti che riguardano in modo comprensibile il proprio destino gli italiani non si accontentano più di una pigra delega. E dobbiamo essere anche grati a quegli italiani (circa il 5% dei votanti) che sono andati a votare no, apprezzando comunque l’opportunità di dire la loro. Forse proprio le insufficienze palesate dalla politica fanno riappropriare gli italiani di strumenti di partecipazione alternativa. Parlando con la gente in questa campagna referendaria al di là di quelli che avevano le idee chiare per convinzione, per conoscenza, per ideologia ci si accorgeva appunto del riaffiorare di un sentimento di dovere di decidere sul proprio futuro, di non lasciarlo solo alle decisioni dei governanti. C’era questa cura eccessiva della stagione berlusconiana fatta di disprezzo della politica, di populismo, di eccitazione all’odio verso le idee diverse dalle proprie, di coltivazione della passività di un popolo televisivo che nella famosa espressione berlusconiana ha in media la cultura di un ragazzo di seconda media. L’eccesso della cura ha generato gli anticorpi, come auspicava tanto tempo fa Montanelli.

In secondo luogo una più avvertita necessità di tutelare l’ambiente di vita. Riguarda la qualità dell’aria, dell’acqua, la qualità di ciò che mangiamo. La bellezza dell’ambiente in cui viviamo, il rispetto dei nostri beni culturali e ambientali. Viene sconfitta anche in questo caso la tendenza minimizzante del berlusconismo: la strizzata d’occhio alle case abusive, la prospettiva sempre ripresentata dei condoni, il Piano Casa presentato con prosopopea come la libertà di fare ciò che si vuole senza rispetto per regole e diritti dei vicini, il tentativo di privatizzazione delle spiagge…Tante cose si sono sedimentate e hanno trovato nel voto referendario la modalità di una espressione di un malessere rispetto a questo tipo di politica.

Infine la riscoperta del ruolo del pubblico. Additato troppo al disprezzo collettivo in modo semplicistico. Non per correggerne i limiti ed i difetti ma per screditare l’idea stessa di una presenza pubblica nella vita collettiva. Invece per una larghissima maggioranza degli italiani la cura e la tutela dei grandi beni comuni (siano essi quelli ambientali o quelli dei servizi essenziali alla vita come la sanità e l’istruzione) restano un grande valore collettivo in cui occorre che agisca la competenza e la garanzia della buona amministrazione pubblica, richiamata a nuove responsabilità: gestioni efficienti senza sprechi certo, ma con la capacità dell’autorità pubblica di garantire accesso in condizioni di parità, tutela di lungo periodo, valutazione attenta degli interessi collettivi.

Lo dico da parecchio tempo e il referendum lo conferma con forza. Si chiude la stagione del berlusconismo. Il declino è inarrestabile. Craxi pagò il suo “andate al mare”, stesso errore fatto da Bossi e Berlusconi. Ai tempi felici (per loro) non avrebbero fatto questo errore di valutazione del sentimento popolare.

Il PD ha fatto fino in fondo la sua parte, ma c’è una lezione da imparare. La politica ha bisogno di parlare di temi nuovi, che non sono quelli classici dello spazio politico, ma che riguardano le condizioni materiali di vita, il concetto di “vita buona” che spesso è estraneo dal dibattito politico. Invece da lì bisogna ripartire perché la fine del berlusconismo non sia solo la sconfitta personale di un leader usurato ma sia l’occasione di una forte e innovativa guida riformista dell’Italia.