Luciano Violante ai carcerati del Due Palazzi “Cambiare la cultura della pena”

 

Una visita straordinaria oggi alla casa di reclusione Due Palazzi di Padova. Alle 11 di mattina infatti ai cancelli di via Due Palazzi si è presentato l’ex presidente della Camera Luciano Violante. L’invito è giunto dagli operatori del consorzio sociale Rebus e risale al Meeting di Rimini del 2010. Violante era relatore con l’allora ministro della Giustizia Alfano a un incontro sul tema della giustizia e in quell’occasione conobbe alcuni detenuti e il presidente del consorzio Rebus Nicola Boscoletto. «L’incontro con i detenuti padovani e poi il racconto della nostra esperienza a pranzo» spiega Boscoletto «lo aveva incuriosito. Molto volentieri accettò il nostro invito, alla prima occasione, di farci visita in carcere».

Ad accogliere Violante oltre al direttore del carcere Salvatore Pirruccio, c’erano il questore Vincenzo Montemagno, il consigliere regionale del Pd Piero Ruzzante e alcuni altri ospiti tra cui il vescovo trentino di Paulo Alfonso, nel Nordest del Brasile, monsignor Guido Zendron e il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini. Del tutto straordinaria anche la presenza di Francesco Miotto, padre dell’alpino Matteo morto in Afghanistan il 31 dicembre scorso, nata dall’amicizia recente con alcuni detenuti.

L’ex-presidente della Camera è stato accompagnato da Boscoletto e dagli operatori del consorzio prima negli spazi esterni del carcere (la presenza in via Due Palazzi delle cooperative aderenti al consorzio Rebus infatti risale agli anni Novanta, con la sistemazione delle aree verdi) e poi nei vari laboratori che coinvolgono circa 120 detenuti. «La nostra è una delle pochissime esperienze di lavoro vero in carcere», ha spiegato Boscoletto, «su una popolazione carceraria italiana di 68mila persone, i detenuti che fanno lavori degni di questo nome sono solo 846». Solo l’uno per cento dei detenuti che escono dal carcere dopo aver fatto un’esperienza di questo tipo torna a delinquere. Per gli altri la percentuale sale al 90 per cento.

Violante ha poi visitato il call center che effettua le prenotazioni sanitarie e svolge servizi all’imprese, il laboratorio di montaggio biciclette per conto della Esperia, l’assemblaggio delle valige Roncato e l’aula in cui si costruiscono le business key per la firma digitale per conto delle Camere di commercio di tutt’Italia. La delegazione si poi è spostata in cucina (adeguandosi scrupolosamente alle severe norme di igiene, per cui tutti i trenta presenti si sono rivestiti di camice bianco e cuffietta), e in pasticceria, con i celebri panettoni appena sfornati.

La qualità della cucina è stata rivelata dal pranzo, servito nel refettorio dei lavoratori Rebus. Il menu fuori ordinanza prevedeva antipasti misti tra cui un intrigante combinazione agrodolce di alice marinata con cipolla di Tropea su una base di panettone, tagliatelle con brunoise di zucchine e peperoni accompagnata da fasolari e branzino e infine bavarese allo yogurt con cuore di gelée di frutti di bosco.

Infine, tutti nell’auditorium del carcere per un confronto a viso aperto con i detenuti. Brevissimi ma toccanti gli interventi iniziali di monsignor Zendron («Oggi ho capito di più che la misericordia è l’unica arma che abbiamo a disposizione per capire noi stessi e vivere con gli altri») e soprattutto di Francesco Miotto. «A neppure un anno dalla morte di Matteo piango ancora tanto», ha confessato «ma mi conforta l’incontro e l’abbraccio di tante persone. Oggi sono qui perché una di queste, uno di voi, mi ha invitato. Solo l’anno scorso vi avrei considerato con distacco. Oggi invece imparo a giudicare le persone guardandole negli occhi e soprattutto guardando cos’hanno dentro di sé. Benedico Dio che mi ha dato la possibilità di conoscervi».

Nessuna diplomazia negli interventi dei detenuti. Domande sulla dignità del lavoro, sul sovraffollamento, sulla possibilità di una speranza reale del percorso di reinserimento nella società, dopo tanti anni di reclusione, anche per gli ergastolani. Violante ha esordito con un episodio della giovinezza, quando faceva volontariato nel carcere di Bari e rimase chiuso in cella dopo aver visitato un giovane amico detenuto. E alle sue proteste «voglio uscire», «voglio parlare con il direttore» e «io non c’entro» si sentì rispondere dall’agente che tutti lì dentro volevano uscire, ci tenevano a parlare con il direttore e ritenevano di essere lì per caso. Episodio che è servito a tagliare l’aria, ma che ha anche introdotto temi più delicati e scottanti, dalla difficoltà di condividere le situazioni di dolore altrui, alla possibilità («Io non sono cattolico, ma questo dai cattolici lo imparo di continuo») di cambiare vita. È molto difficile correggere un’opinione pubblica spesso aizzata in modo strumentale in seguito ad alcuni casi eclatanti, eppure – ha sottolineato Violante – «si può agire almeno a due livelli, adoperandosi per cambiare la cultura della pena, che solo in determinati casi deve coincidere con il carcere, e poi mettendo in rete le esperienze positive come la vostra di Padova, per favorire la diffusione del lavoro anche negli istituti di detenzione in cui ciò non avviene».

Questi due interventi, ha ripreso il relatore, consentirebbero non solo di garantire una maggiore efficacia sociale ma anche di contenere i costi, anche se ci vuole un rovesciamento culturale: «concepire cioè il carcere come una risorsa, dal punto di vista umano, lavorativo, sociale, come un patrimonio di intelligenze che non dev’essere buttato via». Un riferimento quest’ultimo molto apprezzato in risposta a un detenuto, che con un piccolo colpo di teatro aveva mostrato all’ex presidente della Camera la sua busta paga: «Anch’io pago le tasse», aveva affermato il detenuto, «non sono un parassita, fate che sia vero anche per noi l’articolo 1 della Costituzione che parla di Repubblica fondata sul lavoro». Intervento appassionato, come quelli che l’hanno seguito. E ai quali Violante non si è sottratto. «Questa giornata è una piccola lezione per me», la sua conclusione, prima di ricevere in dono una formella con l’Annunciazione di Giotto e – naturalmente – uno dei primi panettoni della produzione 2011.