Referendum, analfabetismi e fallimenti seriali: e vorrebbe ulteriore autonomia, presidente Zaia?

 

La forma è anche sostanza, specie in politica. E se si comincia con semianalfabetismi da seconda elementare, ora del 22 ottobre dio solo sa cosa dovranno sorbirsi i veneti, chiamati a partecipare alla burletta del referendum per l’autonomia.
Iniziamo dalla forma: sì non si scrive come ha mostrato lei, signor presidente Zaia, a favore di telecamera. Quello è il pronome riflessivo, per altro parecchio adeguato a un presidente come lei che ha fatto dell’immagine, più che dell’azione, una leva del proprio successo personale. Il sì appunto si scrive accentato. (per approfondire questo il link del vocabolario Treccani) http://www.treccani.it/enciclopedia/si-o-si_(La-grammatica-italiana)/
E’ una contrazione del latino sic, da cui nasce anche l’accentato “così”.
D’altro canto la sua poca familiarità con il latino è notoria da quella volta che lei, signor presidente dei Veneti, incespicò persino sul motto dello stemma marciano (“Pace, Marce, ehm scusate”, in aula magna del Bo http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/universita/2011/4-marzo-2011/inaugurazione-anno-accademico-gaffe-zaia-lancio-scarpe-bo-190153503095.shtml ).
Fosse solo per la forma, basterebbe probabilmente un corso estivo alla scuola Radio Elettra che diplomò persino Umberto Bossi, per porvi rimedio. Ma a leggere le sue dichiarazioni, signor presidente, verrebbe da pensare che sia la punta dell’iceberg di una serie di errori che lei cerca di far dimenticare con il referendum autonomista.
Elenchiamone giusto qualcuno:
– il Veneto non ha certo la forza di presentarsi a Roma, passasse anche il sì senza accento, a fare la voce grossa dopo che il Governo ha salvato le banche alle cui assemblee lei era sempre in prima fila, con un costo per la comunità, tra garanzie dirette e indirette di 39 miliardi di euro;
– il Veneto al cui Governo lei partecipa da una quindicina d’anni, si presenta a Roma dopo aver sperperato, spolpato per alcuni versi, 10 miliardi di euro di Mose che, dio solo sa, se funzionerà mai;
– il Veneto che vuole maggiore autonomia è stato capace di darsi i project financing sugli ospedali tra i più costosi d’Europa tanto che la Bei, la banca europea degli investimenti, ha detto a più riprese che non arriverà un euro sui prossimi progetti, visto come sono andati i precedenti;
– il Veneto si presenta inoltre avvelenato, letteralmente, dalla gestione del territorio, con la Valdastico Sud, a più riprese da lei inaugurata, che secondo l’ipotesi degli investigatori fa da coperta a chissà quante schifezze industriali, per non parlare di Cromo esavalente e Pfas che si trovano bypartisan nel sangue di veneti doc e foresti di recente immigrazione che hanno la sventura di vivere tra le provincie di Vicenza e Padova.
Potremmo parlare anche di Pedemontana gonfiata dal mutuo trentennale, di incapacità di appaltare la linea ferroviaria tra Mestre e l’aeroporto, dello scoppio di robetta tipo Veneto Nanotech e Veneto Innovazione e molti altri Veneto carrozzoni. Ma credo che basti così, per dire no a tutto questo e per augurarle che i veneti non si accorgano mai di quanto deserto ci sia dietro gli spot impomatati della sua amministrazione.
Chissà come giudicheranno questi anni gli storici che dovranno raccontare il Veneto a cavallo dei due secoli. Forse come una terra che a furia di guardare a un passato che manco esisteva, ha mancato l’appuntamento con le sfide del nuovo secolo.

Alberto Gottardo