Pos obbligatorio, Confapi controcorrente: utile per ridurre evasione fiscale a Padova

 

Il peso dell’economia sommersa? Incide per più di 1,2 miliardi sul complesso dei 26,5 miliardi del Pil padovano e per 6,1 sui 132,3 del Pil regionale. E’ sulla base di questi dati, elaborati da Fabbrica Padova, il suo centro studi, che Confapi prende una posizione netta e in controtendenza rispetto alla maggior parte delle altre associazioni di categoria su una questione al centro del dibattito pubblico negli ultimi giorni: l’obbligo di accettare pagamenti superiori ai 30 euro attraverso il POS per le imprese e i lavoratori autonomi, introdotto dallo scorso 30 giugno.

«Basta creare fumo attorno al Pos. Innanzitutto va chiarito che la norma non obbliga i consumatori a utilizzarlo, come erroneamente viene fatto credere da più parti, ma offre loro, semplicemente, un’opportunità in più. In secondo luogo va detto che questa è la migliore forma di contrasto all’economia sommersa» afferma il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio. «E’ un passo fondamentale, anche se occorre allo stesso tempo caldeggiare il ricorso a forme di pagamento tracciabili da parte dei consumatori e dei colleghi imprenditori. Detto questo, sottolineiamo la necessità di vigilare sul comportamento delle banche ed evitare che questa misura si trasformi nell’ennesimo regalo nei loro confronti: non sarebbe male, per esempio, ridurre per decreto le commissioni bancarie per l’utilizzo delle carte di credito».

«Il punto di partenza è questo: far emergere una buona parte del sommerso significa poter avere le risorse per abbassare le tasse e recuperare almeno un terzo della cifra relativa alla sua incidenza sul Pil. Solo per quanto riguarda il territorio padovano sarebbero circa 400 milioni di euro che tornerebbero a disposizione dello Stato. Ne consegue che alla fine ne beneficerebbero tutti: cittadini comuni, commercianti e professionisti, che hanno solo da guadagnare da un mercato in cui la concorrenza non sia viziata dal gioco sporco. Ecco perché è necessario contrastare efficacemente l’evasione fiscale in tutte le sue forme e ovviamente, a quel punto, evitare che il maggior introito finisca nelle malversazioni portate anche recentemente agli “onori” della cronaca» prosegue Valerio. «Per questo ritengo più che mai opportuno fare chiarezza sul tema e partire da qui per rilanciare la questione del federalismo fiscale, che oggi sembra passata in dimenticatoio».

La sua riflessione trova riscontro nei numeri già citati che, anche nel territorio padovano, fotografano una realtà preoccupante. Secondo Fabbrica Padova, la cui elaborazione si basa su dati Istat e Unioncamere, l’economia sommersa incide per il 4,6% sul totale del Pil del territorio provinciale: circa 1,219 miliardi sul complesso dei 26,5 totali.

«Ma, partendo da queste cifre, senza dubbio allarmanti, è possibile proseguire nel ragionamento. Se dividiamo gli 1,2 miliardi per il reddito pro-capite medio, che in provincia, secondo i dati forniti da Unioncamere del Veneto, nel 2013 è stato di 28.357 euro, si può arrivare a calcolare, per paradosso, che si sarebbe potuto dare lavoro a 42.987 persone» sottolinea Davide D’Onofrio, direttore dell’Associazione delle piccole e medie industrie del territorio e responsabile dell’attività del centro studi. «Lo stessa Unioncamere dice che i disoccupati in provincia nel 2013 erano 38.896. In sostanza, azzerare il sommerso permetterebbe di azzerare, allo stesso tempo, anche la piaga disoccupazione. Ovviamente, lo ripeto, questo è un paradosso, ma parte da numeri tanto preoccupanti quanto reali. Ecco perché è necessario fare tutto il possibile per contrastare questo fenomeno. Ne guadagnerebbero tutti coloro che non vogliono e non hanno modo di evadere: la maggioranza dei contribuenti italiani».