Baseball: a volte i sogni si avverano e le partite che in teoria non contano diventano delle sfide epiche

 

Nuova vittoria della squadra “Campioni Triveneto ’88”, la nuova squadra di softball nata a Padova per volontà di Alberto Botteri e Gianluca Moccia. Queste righe sono per loro e per quanti oggi mi hanno dato una emozione bellissima. Abbiamo battuto prima gli amatori e poi i ragazzi della serie A e dei Cadetti. Giovani che hanno 15 anni meno di me, che si allenano tutti i giorni. Ma che hanno perso 13 a 11 all’ultimo inning perchè, a volte succede, i sogni si avverano.

Classe, coraggio e cuore. Sono i tre cardini di una squadra che è un gruppo. E che quando scende in campo assomiglia ad una falange macedone: al posto delle sarisse usa le mazze da baseball e fa tremare gente abituata a vincere facile su campi da baseball prestigiosi. La squadra è quella dei Campioni ’88. Un gruppo eterogeneo di uomini che quando infilano il guanto e calano il cappellino sulla fronte tornano ragazzini. Folli, entusiasti e irriverenti come degli adolescenti. Il diamante di via del Plebiscito diventa una specie di macchina del tempo, un campo magico come quello de “L’uomo dei sogni” il film di Kevin Costner che mi fa sempre scendere una lacrima perchè è “il” film sul baseball. Perchè quel gioco incomprensibile ai più in Italia è una specie di malattia, a metà tra un balletto e un esperimento di fisica meccanica. Il baseball fa fare cose un po’ folli, come a me, che mi metto a venti metri da uno con una mazza, che mi scaglia una pallina a 80 chilometri all’ora contro la tibia che sta insieme con lo sputo. Fa tornare in campo con una caviglia sfasciata Andrea Carraro. Fa venire da Ponzano due nuovi amici del nostro gruppo, che vent’anni fa ci hanno fatto penare un bel po’, e che sotto la ruggine degli anni hanno ancora una classe scintillante. Il nostro baseball ci fa sentire amici da una vita anche se non ci incontravamo più da vent’anni o anche se non abbiamo mai giocato nella stessa squadra. Perchè abbiamo giocato allo stesso modo su campi diversi, ed adesso che siamo tornati sullo stesso diamante non ce n’è per nessuno. Perchè noi siamo un gruppo di folli ubriaconi, che tra una battuta e l’altra bevono quindici litri di birra in dieci e si divertono: abbiamo classe, coraggio e cuore. Ed abbiamo battuto chi gioca in serie A a baseball. Siamo stati noi i maestri in campo. Abbiamo insegnato a ragazzi più giovani e singolarmente con un talento più grande del nostro che una squadra non è la somma dei valori dei vari giocatori, è il moltiplicarsi di un brivido che diventa un’onda travolgente.

Alberto Gottardo