Entra nel vivo il restauro della Cappella di Santa Caterina alla Basilica di Sant’Antonio

 

Il progetto di restauro dell’arco di ingresso della cappella di Santa Caterina (o delle Benedizioni) nella Basilica di Sant’Antonio, dopo il montaggio del ponteggio, entra nella sua fase operativa. Si tratta di un complesso intervento di salvaguardia e di studio di un’opera di grande importanza per la storia dell’arte italiana, grazie alla sua solida attribuzione a Giotto, maestro indiscusso del Trecento che a Padova può quindi vantare un’altra importante testimonianza oltre a quella universalmente nota agli Scrovegni.

 

Il restauro è promosso dall’Ente Basilica Sant’Antonio di Padova. Delegazione Pontificia. L’esecuzione del restauro, sotto il diretto controllo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia le Province di Belluno, Padova e Treviso, soprintendente Fabrizio Magani, storica dell’arte Monica Pregnolato ed è eseguito con la direzione scientifica di Giovanna Valenzano, incaricata dalla Delegazione Pontificia e la direzione tecnica di Cristina Sangati della impresa esecutrice AR Arte e Restauro S.r.l. Padova.

Il lavoro sugli affreschi giotteschi rappresenta un’importante sinergia tra la Delegazione Pontificia della Basilica, il Comune di Padova con l’Assessorato alla Cultura, l’Università di Padova e la Fondazione Cariparo.

 

Gilberto Muraro, Presidente di Fondazione Cariparo, dichiara: “Da sempre la Fondazione è attenta alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio artistico. E la Basilica del Santo costituisce con la sua storia, i suoi capolavori artistici e le sue reliquie, uno dei monumenti che contraddistingue Padova nel mondo e per il quale la Fondazione ha sostenuto in passato importanti interventi di restauro. Non poteva mancare quindi il contributo a questo prezioso lavoro di restauro degli affreschi giotteschi della Cappella delle Benedizioni, in sinergia con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova e l’Università di Padova, che aggiunge un importante tassello nel percorso di candidatura di Padova Urbs Picta

Il Comune di Padova, capofila nel processo di candidatura di Padova Urbs Picta per l’iscrizione alla lista del patrimonio Unesco della Cappella degli Scrovegni di Giotto e dei cicli trecenteschi, ha dato il suo sostegno per il restauro di questa importante cappella dipinta da Giotto al Santo, luogo emblematico dell’incontro tra Giotto e la città di Padova, segno tangibile dei grandi capolavori realizzati nel medioevo grazie alla sinergia tra Comune, famiglie padovane e fratidichiara l’assessore alla Cultura di Padova Andrea ColasioQuesta stessa sinergia, oggi ritrovata fra tutte le più importante istituzioni presenti in città e condivisa con le associazioni impegnate nelle attività culturali, permetterà di valorizzare e far conoscere al mondo intero la straordinaria cultura carrarese, che affonda le sue radici nell’opera di Giotto che dipinse per il frati di Sant’Antonio, per la famiglia Scrovegni, il cui giuspatronato su questa cappella è documentato nel 1369, e nelle pitture realizzate da Giotto nel palazzo della Ragione”.

Il progetto di restauro, autorizzato dal Soprintendente Fabrizio Magani il 5 novembre 2020, che ha confermato la precedente autorizzazione del 2013, si articola in due fasi e sarà essere eseguito sotto il diretto controllo della Soprintendenza. Nella prima fase si articolerà il progetto di Analisi e di Studio per l’attuazione dell’intervento conoscitivo. 

Si eseguirà una mappatura di tutte le superfici pittoriche, un’analisi dettagliata delle superfici dipinte a luce radente, con gli ultravioletti e l’infrarosso per verificare le tecniche esecutive, le manomissioni, i restauri succedutisi.

 La cappella, costruita alla fine del Duecento, è stata decorata da Giotto all’inizio del Trecento. Profondamente trasformata nel 1734 fu coinvolta dal grandioso progetto di Boito, ideato nel 1893. Si affidò al pittore Giuseppe Cherubini di restaurare l’antica pittura “risalente al tempo di Giotto”. Le vecchie foto scattate nel 1923 documentano lo stato di conservazione dell’affresco dell’intradosso dell’arco a quell’epoca, e il tipo di restauro messo in opera dal pittore, che si era formato in questa attività nell’importante restauro delle pitture medievali dell’abside di Aquileia sotto la guida del Soprintendente Morassi che aveva imposto che parti rifatte fossero facilmente riconoscibile dagli originali (Valenzano 1999, pp. 35-39).

 Al Santo Giuseppe Cherubini, agendo in autonomia, è stato meno rispettoso del dettato originale, non si è impegnato soltanto a “completare le parti che sono senza intonaco” e “ristaurare con ogni cura l’intradosso dell’arco avendo l’avvertenza di accompagnare nel migliore del modo le parti mancanti” come prevedeva il contratto, ma ha in gran parte ridipinto anche le figure originali di Giotto, aggiornandole al gusto personale, in linea con i dettami dell’epoca. Nella prima fase di restauro saranno individuate le metodiche più idonee a salvaguardare le pitture e mettere in luce là dove sarà possibile ulteriori tracce della mano di Giotto, nel contempo valorizzando lo stesso restauro di Cherubini, terminato nel 1925 nelle parti in cui l’intonaco medievale era già completamente caduto all’inizio del secolo scorso.

Per il Delegato Pontificio per la Basilica di Sant’Antonio in Padova, l’Arcivescovo Fabio Dal Cin “La Delegazione Pontificia ha assai a cuore lo stato di salute di tutto il complesso antoniano. Sono molti gli interventi da promuovere per salvaguardare un patrimonio immenso, ricco di storia e di significato liturgico, testimonianza viva della fede dei pellegrini dal medioevo ai nostri giorni. Il precario stato di conservazione degli affreschi di Giotto, messo in evidenza a seguito del drammatico terremoto dell’Emilia, quando nel maggio del 2013 cadde una parte d’intonaco delle volte del tornacoro, da tempo richiedeva un intervento di restauro. Il progetto già allora presentato e autorizzato dalla Soprintendenza nel novembre 2013, trova oggi attuazione grazie al sostegno del Comune di Padova e della Fondazione. Possiamo così tramandare al futuro le immagini di sante dipinte da Giotto nel sottarco, segno della devozione femminile a cui è legata la storia della basilica fin dalle sue origini”.