Il futuro della Zip secondo Fernando Zilio (Ascom Padova)

 

Il sindaco Crescente, che la pensò, probabilmente si rivolta nella tomba: la sua ZIP, quella Zona Industriale Padova che per decenni è stata un po’ il fiore all’occhiello di una città che era per vocazione commerciale ma che, per destinazione, voleva essere anche produttiva, langue in una deriva che non solo ne sta minando il dna, ma rischia di diventare il bubbone infetto in grado di sconvolgere non solo l’assetto economico di una città e di una provincia, ma anche l’assetto sociale. Quando, qualche settimana fa, Striscia la Notizia ha raccontato all’Italia intera cosa avviene negli ingrosso cinesi della zona industriale padovana, qualcuno in città ha fatto il viso stranito del bimbo che nella famosa favola “rivela” al popolo che “il re è nudo”.

La verità è che il re, in Zip, è nudo da tempo e appare difficile rivestirlo, fatto salvo che non si intenda rivestirlo esclusivamente “made in China”. Fuor di metafora: in una zona industriale al centro di incontri e dibattiti che la vorrebbero corpo unico con l’Interporto, non appare affatto chiaro se esiste o meno la volontà di una governance degna di questo nome, ovvero di un governo della Zip in grado di salvaguardarne se non proprio la vocazione originaria almeno il suo non stravolgimento.

Per troppo tempo i nostri appelli sono caduti nel vuoto e solo recentemente, se si escludono le periodiche azioni di contrasto della Guardia di Finanza, la politica (ed in particolare il vicesindaco Ivo Rossi, perchè è giusto dare a Cesare quel che è di Cesare) è scesa in campo per contrastare un fenomeno che sembra difficile da contenere. Eppure la Zip ha (o dovrebbe avere) regole precise e disciplinari poco malleabili. In realtà, in assenza di scelte di campo precise e di interventi conseguenti, tutto sembra deporre in favore di un futuro nel quale la gloriosa Zip di Crescente scarta verso il ruolo meno ambizioso di quello che ne ha caratterizzato i natali, derubricandosi a “immensa area commerciale in mani orientali” con tutte le conseguenze del caso.

Che sono conseguenze, come si diceva, in primo luogo di ordine economico ma anche di ordine sociale. Negli “alveari” che sono sorti nei capannoni che sono andati a sostituire le gloriose fabbriche che producevano i treni sui quali correva l’Italia del boom economico, ora prolifera una sorta di cittadella del contraffatto e dell’illegale dove la mancata emissione dello scontrino non è forse nemmeno il reato più diffuso e più eclatante.

La domanda, anche con riferimento agli sviluppi futuri, è pertanto questa: quale futuro vogliamo per la zona industriale di Padova? Se, come dicono i guru dell’economia americana (ed in parte anche di quella italiana) si deve tornare a produrre in patria, è plausibile che la Zip torni ad essere un luogo di produzione o chi ha intenzione di tornare a produrre vero “made in Italy”, tracciato e tracciabile, deve costruire da altre parti, sottraendo ulteriore territorio, perchè in Zip c’è qualcuno che si è accasato (magari eludendo le norme) e non ha nessuna intenzione di uscirne? Sono domande che metto sul piatto nella convinzione che un dibattito, sulla Zip, non solo sia giusto ma sia anche doveroso. Dirò di più: non mi dispiacerebbe che, in primis il Comune di Padova, ma anche lo stesso Consorzio e l’Interporto dessero vita agli “Stati generali della Zip”. Un modo per confrontarsi e anche per dirci senza tanti giri di parole cosa esattamente vogliamo fare del futuro di Padova e della sua provincia.

Fernando Zilio – Presidente Ascom Confcommercio di Padova