Nuovo ospedale a Padova al posto di Cus e Aps? Una sciocchezza a guardare la storia dell’area

 

altChi viene da Cittadella o dall’Alta Padovana, o da Treviso o dall’Altipiano non lo sa, ma i padovani sanno bene che stiamo parlando della “mesopotamia” di Padova, un’area racchiusa tra due fiumi. Potrebbe esserci un rischio idraulico?
Il FIUME ANTICO
La fotografia aerea e l’analisi della sabbia hanno dimostrato che il Brenta, con un unico percorso serpeggiante raggiungeva Padova all’altezza dell’attuale Specola, dove piegava per dar vita ad una grande ansa che si svolgeva lungo la direzione delle Riviere Albertino Mussato, dei Mugnai, dei Ponti Romani e Tito Livio, delimitando in tal modo un vasto spazio interno circondato per tre quarti dall’acqua del fiume . Questo poi ripiegava verso oriente, seguiva il percorso attuale di Riviera Ruzzante e Businello e del canale che fiancheggia la basilica del santo Santo a sud, passava sotto l’attuale ponte Corvo, formando una grande contro ansa, per proseguire in quello che è oggi l’alveo del canale di san Massimo e del canale Roncajette. Dalla zona detta del Piovego ci viene un altro elemento (dove in questi giorni (1976) è venuta alla luce una vasta necropoli paleoveneta). In questo luogo, sulla sinistra dell’attuale canale Roncajette, l’analisi del terreno ha chiarito la presenza esclusiva delle sabbie del Brenta [Luciano Bosio, 1976 ( non è significativo qui che si tratti di paleo-Brenta o paleo-Bacchiglione ndr.)].
Il PIOVEGO Canale scavato dai padovani tra il 1143 e il 1209 per ragioni strategico-militari e poi commerciali al fine cioè di rendere più facile il collegamento con Venezia. E’ lungo 11 km e da Porte Contarine alla golena di san Massimo lambisce le mura del cinquecento, quindi si avvia rettilineo verso il Brenta.
Il RONCAJETTE Anticamente, dopo aver attraversato l’abitato paleoveneto, poi città romana e medioevale, il fiume ( dalla fine del VI° s. Bacchiglione) si adagiava in vari meandri e attraversava una foresta che attorno al Mille fu disboscata. Dalle roncole utilizzate nel lavoro derivano i toponimi Roncaglia e Roncajette. Il corso del fiume e il paesaggio furono modellati per il trasporto, la coltivazione, le attività economiche e per costruire centri abitati.

Chi viene da Cittadella o dall’Alta Padovana, o da Treviso o dall’Altipiano non lo sa, ma i padovani sanno bene che da qui partiva il riscaldamento della città. Potrebbe essere necessario bonificare?
Tra il 1938-40 l’Azienda comunale del gas con sede in via Trieste, acquista un’area di circa 31 mila mq dove costruisce un gasometro da 20000 mc. Nel 1958 il Consiglio Comunale delibera il trasferimento dell’Officina da via Trieste a via Jacopo Corrado; nel 1962 si decide di continuare a produrre il gas con l’esercizio misto: distillazione di carbone fossile e impiego di metano, come era già in via Trieste, ma raddoppiando la potenzialità degli impianti di produzione del gas da fossile. Incomincia così l’operazione di trasferimento con acquisto di altro terreno in via J. Corrado, arrivando a 84 mila mq complessivi e nel 1963 iniziano i lavori di costruzione di nuovi impianti, compiuti in tre anni. Finalmente nel 1966 cessa l’Officina in via Trieste.

Chi viene da Cittadella o dall’Alta Padovana, o da Treviso o dall’Altipiano non lo sa, ma i padovani sanno bene che

qui crescono sportivamente i giovani che frequentano la città. Sarà necessario trovare altro spazio?

A seguito della legge 28 7 1967 n 641 Norme per l’edilizia scolastica universitaria e piano finanziario per il quinquennio 1967-71, il CUS chiede al Rettore un programma di costruzione di nuovi impianti. Tra le alternative proposte dal Comune c’è l’area di 52 000 mq, vicina all’Officina del gas. Nel dicembre 1974 l Consiglio Direttivo del CUS ne propone l’acquisto all’Università perché immediatamente acquisibile e perché “essendo stata indicata da Pubblici Amministratori, appariva inserita in un vasto programma urbanistico; per la validità dell’ubicazione agli effetti delle strutture universitarie e quindi del relativo uso da parte degli studenti, con particolare riferimento allo sviluppo del Nord-Piovego; per l’impegno da parte del Comune di indicare un’area confinante per parcheggi e altri impianti scoperti”. Nel novembre 1975 iniziano i lavori di scavo, ma il ritrovamento di una necropoli paleoveneta li blocca. Riprendono nel Luglio 1977 ( il progetto prevedeva anche lo sviluppo ad ovest, verso le mura cinquecentesche e comunque l’acquisizione dell’ex cokeria dell’azienda del gas).
Chi viene da Cittadella o dall’Alta Padovana, o da Treviso o dall’Altipiano non lo sa, ma i padovani, frequentatori attenti del loro museo cittadino, sanno bene che qui, un po’ in profondità, c’è l’origine della loro civiltà. Potrebbe esserci un rischio “archelogico”?
Le ricerche condotte, in coincidenza con i lavori del CUS, tra la fine del 1975 e tutto il 1976, dall’allora Istituto di Archeologia dell’Università di Padova, avevano messo in luce un’estesa necropoli protostorica, corrispondente solo a una porzione di un sepolcreto ben più ampio, distrutto con le costruzioni relative all’impianto del gasometro. Nel 1986, si rendono necessarie nuove indagini in previsione di nuovi lavori di infrastrutture per gli impianti sportivi del CUS, l’area infatti è stata sottoposta a vincolo archeologico. Nel 1988 incomincia la terza campagna di scavo. La parte di proprietà dell’Università fu indagata in modo sistematico: la zona centrale e quella meridionale furono scavate integralmente, e lo scavo portò al rinvenimento della tomba dell’uomo con cavallo, mentre un lembo del tratto settentrionale, analizzato con metodi di prospezione geofisica, diede risultati positivi – anche se la distribuzione delle tombe appariva più rarefatta – e fu ricoperto per sicurezza da uno spessore di un metro di ghiaia, e su questo strato di riporto sono stati successivamente allestiti alcuni campi sportivi (Leonardi G, 2004).

E proprio vero, la lettura stratigrafica dei luoghi è forse noiosa, ma certamente affascinante…

Roberto Bettella