Padova ricorda Aldo Moro e la sua scorta nel giorno delle vittime del terrorismo

 
Padova ha ricordato con una cerimonia questa mattina le vittime del terrorismo. La cerimonia si è tenuta di fronte alla statua che, di fronte all’entrata del centro culturale San Gaetano, effigia il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978.
Qui di seguito il discorso letto dal sindaco Sergio Giordani.

Anche quest’anno ci ritroviamo qui davanti al monumento dedicato ad Aldo Moro per ricordare tutte le vittime del terrorismo.

 La data di oggi, 9 maggio, è quanto mai significativa: in quel giorno di 47 anni fa infatti a Roma veniva ritrovato in Via Caetani, il corpo  di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse dopo un drammatico sequestro durato 55 giorni,
 Una azione terroristica che era costata la vita a tutti gli uomini della scorta del presidente della Democrazia Cristiana,  che ricordiamo:  Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.
 Abbiamo tutti ben nitide nella memoria le immagini prima delle auto crivellate di colpi in via Fani, e poi del corpo di Moro nel bagagliaio della Renault rossa abbandonata in Via Caetani.
 Quella vicenda che si sviluppò drammaticamente tra il 16 marzo e il 9 maggio del 1978  sono senza dubbio l’attacco più drammatico e più feroce alla nostra democrazia
Ma purtroppo, prima e dopo quel terribile 9 maggio, il nostro Paese è stato vittima di una stagione di violenza  di opposta matrice ideologica che è costata la vita a  centinaia di nostri concittadini, e altre migliaia sono state ferite o aggredite.
 Donne e uomini delle Forze dell’Ordine, della Magistratura, ma anche dirigenti di azienda, sindacalisti, professori universitari, giornalisti, indicati come nemici e quindi obiettivi da colpire.
 Una violenza brutale che colpì anche tantissimi cittadini qualunque, pensiamo per esempio alle vittime delle stragi di Piazza Fontana, Piazza della Loggia e all’abominio dell’attentato alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980 con le quali il terrorismo di destra  cercava di destabilizzare lo Stato.
 E come se tutto questo non bastasse, lo Stato aveva anche un altro terribile nemico, la mafia, che mieteva vittime tra gli uomini delle istituzioni – ricordiamo tra gli altri  i magistrati Falcone e Borsellino e il generale Dalla Chiesa  – ma anche tra le tante persone comuni che avevano il coraggio di denunciare le attività criminali,  e tra questi, proprio il 9 maggio 1978, Peppino Impastato diventato simbolo dei tantissimi siciliani onesti e coraggiosi.
 Davanti a questo monumento, che ritrae  Aldo Moro triste e pensieroso, dobbiamo ricordare che anche la nostra città ha vissuto  il dramma del terrorismo e della insensata violenza politica.
 Non lo dimentichiamo, e ogni anno ci ritroviamo a commemorare, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, le prime vittime delle Brigate Rosse, i carabinieri Enea Codotto e Luigi Maronese assassinati da un commando neofascista sul Lungargine Scaricatore e a Ponte di Brenta l’agente di Polizia Antonio Niedda, ucciso da un brigatista a un controllo stradale.
La forza del nostro Paese è stata sconfiggere questi nemici della libertà, senza tradire i principi democratici che sono alla base della nostra Repubblica.
I lavoratori nelle fabbriche con i sindacati, gli studenti nelle scuole e nelle università  hanno rifiutato le ideologie di violenza e prevaricazione  che provenivano dalle frange più estreme sia da destra che da sinistra.
 Abbiamo tutti saputo fare squadra per difendere la libertà e la democrazia.
 Anche per questo il sacrificio di queste donne e di questi uomini assume un peso e un significato particolare che non può essere dimenticato
 Moltissimi di loro erano perfettamente consapevoli dei rischi che correvano, dell’essere  indicati come degli obiettivi da colpire, ma non hanno esitato un solo secondo a compiere il loro dovere e in tanti casi anche molto, ma molto di più di quello che da loro ci si aspettava.
 E’ un dovere civico e morale, essere consapevoli di tutto questo, conoscere la nostra storia, capire che la critica anche radicale a un sistema politico e sociale non può e non deve mai  trasformarsi in violenza e terrore.
 Oggi il mondo è attraversato da venti di guerra che Papa Francesco ha chiamato, terza guerra mondiale a pezzi.
 E’ una immagine forte, ma rappresenta bene una situazione nella quale l’uso della forza e della violenza da parte di governi sovrani è sempre più spesso metodo per la risoluzione di contrasti politici, economici e sociali.
 Anche  il legittimo uso delle armi come mezzo di difesa, supera spesso i limiti riconosciuti non solo dalla comunità internazionale ma dall’etica, dall’umanità e direi anche dal buon senso.
 Non dobbiamo abituarci a tutto questo, pensare che sia inevitabile, come non ci siamo abituati alla violenza che ha insanguinato in passato il nostro Paese.
 Dobbiamo, ogni giorno ribadire, che la violenza non è mai la soluzione, la violenza genera altra violenza, altro odio, una spirale dalla quale è sempre più difficile uscire.
 I caduti per difendere la nostra democrazia e la nostra libertà ce lo ricordano oggi e noi dobbiamo fare tesoro di questo monito.
 Ricorderemo con riconoscenza sempre il loro contributo al futuro del nostro Paese.
 Grazie a tutti vuoi per aver partecipato a questo momento di riflessione e memoria