
Lo dice la capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Vanessa Camani.
“È grottesco, pur comprendendone l’inevitabilità, che i vertici dell’Ulss si riducano a chiedere ai medici in attività la disponibilità ad alzare il numero dei propri assistiti fino alla soglia massima consentita dei 1.800. È evidente che l’immobilismo del governo Zaia ci tiene fermi alle soluzioni-tampone e peraltro boomerang. Perché se si alza il numero degli utenti in carico ai singoli medici, già oberati di lavoro, si abbassa inevitabilmente la qualità della relazione di cura”.
In conclusione Camani ribadisce la “necessità di aprire una nuova fase nella gestione della sanità pubblica in Veneto. Servono interventi strutturali, che in questi anni sono mancati: dalla corretta programmazione e dagli investimenti per le borse di formazione, fino agli incentivi che rendano attrattiva la professione di medico di medicina generale e ai supporti, in termini di personale amministrativo, in grado di sollevare queste figure da un ingorgo senza fine di incombenze burocratiche”.