Buoni pasto: sale la protesta degli esercenti Appe Padova

 

Si è diffusa a livello nazionale la notizia della protesta dei baristi della zona “Scrovegni-Fiera” di Padova, dove diversi baristi (una quindicina, sui venti presenti) hanno appeso un cartello che preannuncia, con decorrenza dal prossimo 1° settembre, l’applicazione di una commissione del 10% a carico dei clienti che pagano le consumazioni con il buono pasto. (Clicca qui per vedere il servizio di  Luigi Primon per TgPadova Telenuovo)
La clamorosa manifestazione di malcontento è stata prontamente ripresa dalla stampa locale, dalla televisione locale e regionale e dalla radio regionale e nazionale: segno che evidentemente l’argomento è serio e meritevole di essere preso in considerazione.
«La protesta – dichiara Filippo Segato, Segretario dell’Associazione Provinciale Pubblici Esercizi (APPE) – ci trova ovviamente d’accordo. Anzi, faremo di tutto per supportare e tutelare gli esercenti e saremo pronti ad aiutarli nel diffondere al massimo l’iniziativa. Se un gran numero di bar, infatti, sia a livello di Comune di Padova, che di provincia, aderiranno, esponendo il cartello, finalmente si potrà ottenere la tanto cercata attenzione di tutti gli “attori” della filiera dei buoni pasto: ditte emettitrici, ma anche datori di lavoro e lavoratori».
Ma perché si è scatenata la protesta dei baristi?
«Il meccanismo del buono pasto è presto spiegato – puntualizza Segato – il datore di lavoro, che vuole svolgere un servizio sostitutivo di mensa, acquista i ticket dalle ditte emettitrici con un forte sconto sul prezzo “nominale” del buono. Ad esempio, un buono da 5 euro, viene acquistato dal gruppo bancario, o dall’ente pubblico, a 4 euro o poco più. A questo punto, le ditte emettitrici riversano questo sconto direttamente sull’esercente, pretendendo delle commissioni anche fino al 12%, divenute ormai insostenibili».
«Se a questo – prosegue il Segretario – si aggiungono i tempi di rimborso lunghissimi (fino a 90 giorni), gli oneri per il conteggio, la fatturazione e spedizione dei buoni pasto tramite “assicurata”, i costi aggiuntivi per fantomatici servizi come “rinnovo contratto” o “gestione fatture”, il conto è presto fatto: all’esercente il buono da 5 euro viene rimborsato con una decurtazione tra il 20% e il 30%».
Cosa chiede l’APPE?
«La cosa più semplice – risponde Segato – ovvero che il buono pasto torni a svolgere il servizio per cui era stato pensato e per il quale, è giusto ricordarlo, gode di agevolazioni fiscali. Vale a dire che il buono pasto deve tornare a essere un “servizio sostitutivo di mensa”: con le tecnologie attuali è molto semplice dare vita a un circuito di buoni elettronici (smart card) che siano spendibili solo negli esercizi pubblici, solo nel giorno in cui il lavoratore è in servizio e solo nell’orario di pausa pranzo. Stop alla spesa del sabato mattina al supermarket e stop al passaggio di buoni da marito a moglie o tra colleghi».
L’APPE sottolinea che in Francia, dove sono nati i buoni pasto, il 95% del mercato è veicolato attraverso buoni elettronici e solo un 5% (fisiologico) passa attraverso ticket ancora cartacei: esattamente il contrario di quanto accade in Italia. In un mercato che vale 2,5 miliardi di euro all’anno, evidentemente a qualcuno interessa che la situazione non cambi.
L’invito esplicito dell’Associazione è che i baristi aderiscano in massa alla protesta, per manifestare il disagio della categoria di fronte a un fenomeno diventato ormai incontrollabile e che, se non vengono presto prese contromisure, porterà a un vero e proprio collasso del settore.
«Per questo – conclude il Segretario – abbiamo pubblicato il cartello sul nostro sito www.appe.pd.it e invitiamo tutti gli esercenti ad appenderlo nei loro locali»