Cari commercianti dell’Ascom, giù le mani da Sant’Antonio per favore

 

Che razza di città è diventata Padova se non ha più il senso del limite nè del volgare. Che senso ha annunciare come fanno quelli dell’Ascom che lunedì porteranno un cero a Sant’Antonio chiedendo al Santo dei miracoli di ridurre le bollette per le loro botteghe. Con tanto di annunciata comparsata del padre rettore Antonio Ramina sul sagrato della chiesa. Credo che chi come chi scrive è devoto al Santo dei miracoli, abbia avuto un brivido a leggere la notizia dell’ANSA che annuncia la sceneggiata. Indegna di una città che nei secoli non ha mai affisso una bolletta tra gli ex voto, ma tante foto di bambini. Le numerose volte in cui mi sono accostato alla pietra verde che separa noi dal corpo di quel Santo con le anche consumate a furia di predicare in giro per il mondo la sua fede in Dio mai ho chiesto al Santo di darmi i soldi per le bollette, anche quando mi avevano staccato il gas a casa per morosità. Ho sempre chiesto al Santo la salute e la serenità di cuore per affrontare le fatiche della vita. E credo come me tutti quelli che hanno la fortuna di essere padovani, ed a cui capita come capita a me di sentire la necessità di andare a fare una carezza al Santo. Mi capita, con una regolarità che mi ha sempre scosso, di provare un brivido quando mi accosto alla Cappella dell’Arca: mi viene la pelle d’oca. Dentro di me ho sempre pensato che sia il Santo, che magari mi vuol bene, anche se sono un peccatore, ed ho sempre custodito questo rapporto come una cosa preziosa e misteriosa nel mio cuore.
Ho portato candele al Santo per le cose importanti della mia vita: essere sopravvissuto a un terribile incidente, la nascita senza complicazioni delle mie bambine, più recentemente la guarigione di mio papà da un male che spesso non perdona. Continuo a lottare contro le bollette del gas senza coinvolgere il Santo in una questione così spicciola. Ed a leggere che Patrizio Bertin ha deciso di annunciare questo gesto pubblico, per altro abbastanza sgangherato anche sul piano della grammatica mi da un altro brivido, e quasi un conato, che i tedeschi chiamano  Fremdschämen, e mi domando se padre Enzo Pojana di cui in questi giorni cade il sesto anniversario della scomparsa, si sarebbe mai prestato a quella che potremmo definire, credo senza tema di essere smentiti, una pagliacciata utile ad avere un titolo sui giornali.
La colpa non è di Patrizio Bertin, che abbraccio e giustifico: non ha avuto la fortuna e credo nemmeno il talento intellettuale di poter elevare evidentemente il proprio animo oltre l’orizzonte degli schèi, ed allora a quelli pensa, quando si rivolge a Sant’Antonio. In perfetta sintonia con una città governata più dalla convenienza che dalla giustizia. In cui aver fatto i schèi è un prerequisito sufficiente per essere considerati un genio ed a volte ricevere onori pubblici e lauree honoris causa imbarazzanti. “Eh ma ga fatto i schèi, si dice” con la stessa solennità con cui si diceva una volta “el se un gran lavoratore”. Non so se Patrizio Bertin abbia fatto i “schèi”, credo se la passi abbondantemente meglio di me. Eppure quello chiede al Santo. Evidentemente siamo persone molto diverse. E ciò mi solleva non poco. E pazienza per le bollette che ho da pagare.
Non saranno molti quelli che condivideranno questa mia profonda indignazione, che non provo verso Patrizio Bertin, lo ribadisco, ma verso una città che non riesce a volare alto, ed anzi riesce a sprofondare sempre più in basso, fino ben oltre al ridicolo, come in questo caso. Credo che siamo giunti a Padova ad un livello di volgarità gretta ed offensiva intollerabile. E quello del presidente dell’Ascom è solo l’ultimo degli scivoloni.
Ricordo a scanso di equivoci al presidente dell’Ascom, che non ha avuto la capacità di andare oltre la terza media, che l’iscrizione “Gaude  felix Padua, quae thesaurus possides” che quell’iscrizione non si riferisce agli schèi prodotti dai pellegrini.
Cari Bertin e compagni di insensibilità verso uno dei pilastri della padovanità, per favore, rendetevi conto di quanto possa far schifo questa piazzata da bottegari e cambiate bersaglio. Andate per esempio a bussare alle porte delle più terrene Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (di cui Bertin è componente) o del consiglio di amministrazione di Hera, di cui il Comune esprime un Consigliere per chiedere che sia istituito un fondo di rotazione a garanzia delle rateizzazioni delle bollette. E lasciate stare Sant’Antonio, per favore, almeno Sant’Antonio lasciatelo fuori dai vostri affari.

Alberto Gottardo