Decreto fiscale: al Veneto solo le briciole, per il momento. L’analisi del tributarista Alberto De Franceschi

 

Che finanziaria sarà? “Povera, poverissima per i veneti, ma so che i parlamentari dei diversi schieramenti si sono già messi al lavoro per rimpinguare il piatto davvero povero delle risorse destinate alla nostra regione – spiega Alberto De Franceschi, tributarista – Siamo andati a vedere le varie voci di spesa previste da questo decreto fiscale e la prospettiva non è buona”.
Con al momento dei paradossi che andranno probabilmente raddrizzati in sede di commissione”: a spulciare il report si nota che c’è il doppio dei fondi per coprire le spese delle elezioni regionali di giugno (11 milioni di euro) rispetto a quanto stanziato per le opere pubbliche (appena 5 milioni di euro).
Basta un dato al tributarista Alberto De Franceschi per indicare quanto al Veneto vadano solo le briciole, a compulsare il voluminoso dispositivo “salvo intese” licenziato dopo una lunga notte di tira e molla dal Consiglio dei ministri.
“Nelle pieghe del lungo decreto legge fiscale saltano fuori delle voci di manovra quanto meno sconfortanti – spiega De Franceschi – anche sul fronte dei giochi olimpici di Milano e Cortina, al Veneto arrivano l’anno prossimo appena 35 milioni e 900mila euro. Pochissimi, e del tutto aleatoria l’ipotesi che tali fondi raddoppino nel biennio 2021 e 2022 quando in tutto dovrebbero arrivare per la montagna veneta coinvolta nei Giochi poco più di 120 milioni di euro”.
Nemmeno i 65 milioni di euro stanziati per il cofinanziamento dei programmi comunitari sembrano soddisfare il tributarista De Franceschi. “Se dividiamo i 65 milioni del cofinanziamento per le 450mila piccole imprese che dovrebbero usufruire della cifra stanziata scopriamo che si tratta di 144 euro ad impresa. Praticamente un’elemosina. Stessa sorte per i 24 milioni di euro stanziati per la formazione professionale: bisognerebbe spiegare a Roma che il Veneto non è il Molise. Qui con il numero di addetti da formare e imprese attive che c’è, certe cifre fanno semplicemente il solletico alla fame di fondi che c’è. Se si vuole puntare su un aumento di competitività occorrerà aggiungere uno zero a queste poste previsionali. Senza investimenti si rischia che la competitività delle nostre imprese venete perda colpi e porti a un collasso strutturale dell’intera economia: non si può pensare infatti che gli imprenditori veneti possano fare tutto da soli senza una dimensione pubblica che li accompagni. Tranne i super ammortamenti per il 4.0 da queste parti lo Stato negli ultimi anni si è visto davvero poco”.
Trasporto pubblico e fondi per i viadotti veneti non arrivano, sommati, a 100 milioni di euro di stanziamento complessivo.
“I numeri sono quelli che risultano da un incrocio tra i comunicati emessi da Palazzo Chigi martedì e quelli a disposizione della Regione Veneto. Evidentemente da Roma non si vogliono agitare troppo le acque. Mi domando se i parlamentari veneti, che pure sono 50, non abbiano voglia almeno per una volta, di ricordare quale territorio dovrebbero rappresentare – si auspica Alberto De Franceschi – quelli siciliani se lo ricordano benissimo: la sola città di Messina infatti può contare su 400 milioni di euro di finanziamenti extra-bilancio da spendere nel triennio 2020/2022. Più di quanto destinato nello stesso periodo al Veneto da questo decreto fiscale. Olimpiadi comprese. Un rapporto pro capite di 1687 euro aggiuntivi per ciascun messinese, contro la miseria di  87 euro e 50 centesimi che da Roma, grazie a questo decreto fiscale, arrivano a ciascuno dei quasi cinque milioni di abitanti in Veneto”.