Federcontribuenti boccia il taglio Irpef: riguarda solo un italiano su cinque

 

Il 21% di tutti i contribuenti versa il 71,64% di tutta l’Irpef, 172,56 miliardi di euro: 155,18 di l’IRPEF ordinaria, 12,31 di addizionale regionale e 5,07 di addizionale comunale. Federcontribuenti: ”dire che i contribuenti si ritroveranno con 900 euro in più a fine 2022 è mentire spudoratamente. Sono cinque anni che diciamo di fare attenzione, che il n umero dei contribuenti sarebbe calato drasticamente e scenderanno ancora con questa politica che continua ad essere bugiarda, venditrice di fumo e votata al cannibalismo”. Il continuo incremento della spesa assistenziale, arrivata a oltre 114 miliardi con un tasso di crescita annuo del 4,3%, resta sulle spalle di pochi contribuenti sopravvissuti. Troppo assistenzialismo, nessuna azione concreta per un salario minimo, un tetto delle imposte sulle Partite Iva: nessun taglio al costo del lavoro!

Si tratta di aumentare il numero dei contribuenti paganti e come li aumenti? Attuando una seria riforma del Lavoro. Abbiamo visto che il 49% degli italiani, ( un numero pazzesco ) non ha reddito dichiarato e non versa nulla – tranne l’Iva – nelle casse dello Stato. Molto probabilmente di questo 49% la metà ha un lavoro in nero e sottopagato perché pensarli assolutamente senza un euro sarebbe da ipocriti e sciocchi e quindi? Se è il lavoro legale che crea ricchezza è evidente che abbiamo davanti una sfida che dobbiamo vincere necessariamente. Meno tasse per chi assume, ridimensionare il numero dei contratti, eliminare la precarietà, aumentare lo stipendio minimo e la pensione minima. Incentivare l’apertura di nuove fabbriche con una filiera tutta italiana, obbligare la vendita dei prodotti locali nelle catene della grande distribuzione e avere un rapporto di 50:50 tra import ed export. Inoltre capire una buona volta che stanare i furbetti è fin troppo facile incrociando i dati anche delle utenze domestiche, i contratti di noleggio delle auto ecc. Scovare gli evasori fiscali significa dare giustizia nel sacro mondo dei contribuenti mentre, torturare fiscalmente i pochi paganti rimasti significa andare ad intaccare quella piccola risorsa che ci è rimasta.

Il Centro Studi Anticrisi di Federcontribuenti dimostra come le regole per il calcolo delle imposte aumentino l’imponibile fino al 49% in caso di impresa individuale e fino al 70% ad un libero professionista rispetto al reddito effettivo. Un piccolo imprenditore pagherà fino a 4.500 euro in più in un anno e un libero professionista fino a 3.000 euro. In entrambe le attività l’incremento dei contributi previdenziali hanno la stessa percentuale. Il fisco tassa anche le spese di lavoro.

Esempio di impresa individuale con fatturato di 100.000 euro e con un dipendente a libro paga. Calcolo del costo effettivo per la produzione di lavoro con guadagno al netto delle imposte parziali: locazione laboratorio di 800 euro al mese: 9.600 all’anno; utenze 200 euro al mese: 2.400 euro annue; costo del dipendente per un totale di 30.000 euro; autovettura di servizio tra acquisto, o leasing, bollo, assicurazione e carburante: 8.000 euro l’anno e solo 1.600 euro sono deducibili. Il materiale acquisito per svolgere l’attività 15.000 euro l’anno, interessi e spese bancarie pagate per far fronte agli investimenti dell’attività sono pari a circa 250 euro al mese. Costo totale annuo pari a euro 61.663,80. Da questo quadro emerge che all’imprenditore resta un reddito (ancora al lordo di imposte e contributi) di 31.200 euro annui. Qui l’inganno fiscale. Il reddito dichiarato, applicando quanto richiesto dall’Erario, sarà pari a 38.336,20 per l’Irpef e ben 69.336,20 per l’Irap, che producono un importo di imposte (irpef e addizionali) pari ad euro 13.635. Se il fisco avesse consentito di dichiarare il reddito effettivo, con le stesse regole, l’importo delle imposte si sarebbe ridotto ad euro 9.133 euro, quindi il fisco ha aumentato le imposte effettive del 49%! L’imprenditore guadagnerà al netto delle imposte sulla propria attività 17.565 euro dalle quali andranno decurtate le spese del commercialista e le imposte dirette e indirette come capo famiglia partendo da un utile di 100 mila euro.

Esempio di libero professionista con un fatturato di 40.000 euro.

Tra le spese per svolgere l’attività ha un ufficio che costa 600 euro al mese di affitto, utenze per 200 euro al mese, software per programmi tecnici 1.000 euro l’anno, trasferte 200 euro al mese e si sposta con un’autovettura di sua proprietà di 20.000 euro che costa 250 euro al mese di carburante e spende 800 euro l’anno di assicurazione. Da questo quadro emerge che al professionista resta un reddito (ancora al lordo di imposte e contributi) di 18.200 euro annui. Il reddito dichiarato, applicando quanto richiesto dall’Erario, sarà pari a 26.936,20, che producono un importo di imposte (irpef e addizionali) pari ad euro 6.602. In buona sostanza il professionista è tassato per 6.602,00 euro su 18.200,00 effettivamente guadagnati. ”Con questo pallottoliere abbiamo voluto dimostrare l’accanimento fiscale effettivo del governo ricordando che abbiamo escluso dalla somma delle imposte altre tasse come la spazzatura. La domanda resta la stessa: tutto questo è legittimo, è tollerabile, è equo?”. Totò diceva, ”è la somma che fa il totale”, significa che nella vita contabile di un contribuente dobbiamo tener conto dell’intero carico fiscale che gli toglie denaro sia come lavoratore sia come cittadino.