Massimo Giorgetti analizza l’aggressione subita in piazza dai pedrini

 

Ero stato invitato ad una festa di compleanno, mercoledì sera, organizzata dal presidente dei Giovani industriali in un noto locale padovano del centro. Poco dopo le 22.30, tornando verso Piazza Antenore per recuperare l’auto parcheggiata, avevo deciso di fermarmi a bere uno spritz al bar d’angolo di Piazza delle Erbe, insieme ai due amici che mi accompagnavano.
 Pessima idea, mi dico adesso col senno di poi, ma la curiosità di essere capitato nel mezzo della manifestazione organizzata contro l’ordinanza del sindaco Zanonato, non posso nasconderlo, aveva prevalso sulla prudenza, e forse sull’ingenuità di continuare a considerare Padova come una città ancora un pòmia. Il problema è stato infatti l’essere riconosciuto subito, e apostrofato come «il fascista assessore Giorgetti» da un gruppuscolo di manifestanti.
 Naturalmente non colgo la provocazione, anche se alle parole seguono subito i fatti, gli insulti sempre più pesanti, gli spintoni, le imprecazioni e i perentori inviti ad andarmene da un territorio, mi è stato più volte ribadito, «privato». All’episodio assistono giornalisti, troupe televisive, cittadini comuni, e questo fa sì che per un momento il gruppo di facinorosi desista dalle proprie intenzioni. Così mi allontano. L’amico che mi accompagna, mentre sto rispondendo ad una chiamata sul cellulare, si accorge tuttavia che siamo seguiti, e questa volta da un gruppuscolo divenuto più numeroso, forse 15-20 persone, che non ho naturalmente il tempo di individuare. Continuano così le frasi ingiuriose, le offese sempre più pesanti, gli spintoni, il tutto al grido di: «Vai via! Qui non puoi stare! Questo non è un luogo pubblico!» Qualcuno mi tira un calcio, qualcun’altro mi colpisce al viso, un terzo mi getta in faccia una lattina di birra. A quel punto un agente della sicurezza in borghese mi afferra per un braccio trascinandomi via. E’ meglio allontanarsi, dice, anche se nel frattempo arrivano a rinforzo gli uomini della Digos, che non avevano assistito all’aggressione iniziale, ma erano stati allertati dalla confusione creatasi. Così vengo accompagnato sotto scorta fino alla sede della Provincia, insieme ai miei amici, per scongiurare altri spiacevoli episodi. E mentre rientro a casa, un po’ di adrenalina in corpo, un po’ d’incoscienza nell’affrontare una situazione non certo urbana, penso: ma cos’è diventata la mia città? E’ possibile che Padova sia anche questa? Soltanto manifestanti, si obietterà, anche se avevo sempre creduto che manifestare fosse un’altra cosa, volesse dire esprimere le proprie idee in modo civile, senza pensare che una piazza cittadina potesse essere trasformata in una proprietà privata. Che necessità c’era allora di aggredire un cittadino che sta tornando a casa soltanto perché è un Amministratore pubblico?
 Poi penso che, in fondo, le aggressioni sono quotidiane, sempre più numerose e nei confronti di chiunque. Perché dovrei essere immune da tali gesti vigliacchi? Rifletto ancora sulle ragioni della manifestazione di mercoledì sera.
 La recente ordinanza del sindaco Zanonato, che multa chi acquista o consuma qualsiasi tipo di droga, sono dubbioso che possa essere la soluzione a tutti i mali e sia invece insufficiente a risolvere il problema di una città divenuta nel tempo il crocevia del narcotraffico a Nordest. Personalmente, condivido altri metodi di prevenzione più concreti come la segnalazione ai familiari nel caso di minori, il recupero coatto in strutture accreditate, l’informazione preventiva e capillare a tutti i livelli, la consulenza preventiva di esperti in materia, perché certamente non possono essere qualche centinaia di euro di sanzione a far cambiare «il sistema». Nelle conversazioni tra amici uso sempre un esempio molto diretto: faresti attraversare la strada a tuo figlio se sapessi che sta sopraggiungendo un’auto guidata da una persona che si è appena fumata uno spinello? Wikipedia riporta, «marijuana: distorsione del reale, attenuazione della realtà fisica e reale, etc, etc.» A voi ogni commento. Premetto che non sto dalla parte di nessuno, ma soltanto da quella di chi riesce ad esprimere le proprie idee e le proprie ragioni in modo civile, in una piazza pubblica non utilizzata ad uso personale per andare contro la legge o i regolamenti. Chi alza la voce e usa la violenza ha sempre torto, ma soprattutto dimostra di non avere altri argomenti, perché quello che conta veramente sono le idee e i fatti, sia per chi li realizza ma anche per chi li commette. Non ho mai dubitato, nemmeno un attimo, che non sia grave il clamore chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spaventoso delle persone oneste. E oggi la mia coscienza m’impone di non tacere perché, parafrasando Martin Luther King, le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano. Passeggiare per Padova, oggi, sta diventando sempre più un azzardo, così come andare al ristorante, incontrarsi, portare a spasso i bambini o fermarsi a guardare le vetrine dei negozi. Probabilmente, a questo punto, anche manifestare le proprie convinzioni. Padova, città del Santo, dell’Arte, della Scienza, della Cultura, sta forse un po’ alla volta trasformandosi in città della paura.
 Ma non ho paura. Come ricordava in ogni suo discorso Ghandhi, la violenza è l’arma dei deboli, la non violenza quella dei forti. A volte essere in minoranza è un privilegio.
 Massimo Giorgetti assessore proviciale alla cultura