Giornalismo, notizie da verificare, ordine e parrucche: ovvero la solitudine dei badilanti della notizia

 

Questa foto si poteva sbattere tranquillamente in pagina. E’ inequivocabile: l’auto è della polizia municipale di Abano terme, è inequivocabilmente parcheggiata su un posto disabili. Eppure non la vedrete sul Corriere del Veneto, e la riporto solo come esempio di cosa voglia dire scegliere.
Ho scelto di non fare facile sensazionalismo. Sarebbe stato facile. Poi il comandante dei vigili di Abano Lucio Terrin mi ha spiegato che la macchina era stata parcheggiata lì perchè i vigili stavano scaricando in prefettura gli scatoloni con le schede per il ballottaggio. Ed allora la foto e la notizia non esistono. Certe volte si riesce ad essere dei giornalisti seri.
Serietà a cui richiama anche l’Associazione stampa padovana, la stessa che ha dato il premio penna d’oca a una giornalista del tg4 arrivata sul posto dell’alluvione una settimana dopo la rottura degli argini ed ad un addetto stampa di una specialità sportiva perchè aveva scritto una lettera a La Stampa.
Nella nota (clicca qui per leggerla integralmente) i colleghi richiamano a non far fare il giro di nera a cronisti non iscritti all’ordine, a “colleghi che lavorano per più testate ma indirettamente e contemporaneamente anche per l’amministrazione comunale”. Il riferimento è al sottoscritto, mi sono fatto una grossa risata, che forse, come dicevano gli indiani metropolitani, seppellirà idealmente quelle righe. Come direbbe Vergassola, si sono fatti la domanda e si sono dati la risposta. Adesso sanno anche cosa fare, se conoscono l’ironia di Vergasola. Sono dieci anni che faccio il giornalista, e  da molti meno sono iscritto all’ordine. L’ho fatto solo quando sono stato costretto. Perchè come colleghi più autorevoli di me, tipo Gian Antonio Stella, non sono del tutto convinto dell’utilità di questa istituzione nata in periodo fascista.  Scrivono Stella e Rizzo (pag. 238 del libro “La deriva”)  “L’Ordine dei giornalisti è da abolire. Non ha alcuna funzione, se non quella comune a tutti gli ordini professionali: difendere le mafie di interessi corporativi”. lo diceva Indro Montanelli.

Alberto Gottardo