Il male che si nasconde dentro di noi, giornata di studi al carcere di Padova

 

La Giornata Nazionale di Studi “Il male che si nasconde dentro di noi” del 17 maggio 2013, promossa da Ristretti Orizzonti nel carcere di Padova, punta ad affrontare le tematiche della violenza: da quella sulle donne, alla violenza delle parole, dalla vendetta legata al “codice del disonore” alla violenza come metodo correttivo. Un centinaio di detenuti e circa 600 iscritti al convegno dialogheranno con ospiti come la regista Francesca Archibugi, il giornalista Riccardo Iacona, il criminologo Adolfo Ceretti, la ginecologa Alessandra Kustermann, e il sociologo Giovanni Ricci, figlio di uno degli agenti della scorta di Aldo Moro ucciso nell’agguato di via Fani.

La violenza che cancella le donne
Alessandra Kustermann, direttore di Pronto Soccorso Ostetrico/Ginecologico
Francesca Archibugi, regista e sceneggiatrice.
Quando si parla di reati in famiglia, e di violenza contro le donne, sappiamo che ci sono dietro spesso storie di uomini violenti, ma ci sono anche relazioni che si sfasciano, vite che deragliano per un conflitto, per una separazione, per l’immagine della famiglia felice che va in frantumi, non facciamone allora un’unica fotografia del mostro, andiamo a ragionarci dentro, a scavare.

Violenza, vendetta, “codice del disonore”
Renate Siebert, sociologa di origine tedesca, è stata professoressa ordinaria di Sociologia del mutamento.
La violenza nasce spesso con la giustificazione dell’onore della famiglia, dell’orgoglio ferito. Ma niente è scontato purtroppo quando si parla di violenza, neppure l’idea, così rassicurante, che le donne siano sempre portatrici di una cultura antiviolenta. Il mito della vendetta, per esempio, che distrugge famiglie intere, in alcune regioni del nostro Paese così come in altri Paesi, è spesso alimentato dalle donne, come sostiene Renate Siebert, autrice del saggio Donne e violenza.

Vittime e carnefici della violenza delle parole
Giovanni Ricci, criminologo e sociologo, figlio del maresciallo dei carabinieri Domenico Ricc i, assassinato nel rapimento dell’onorevole Aldo Moro, dialoga con Silvia Giralucci e con la Redazione di Ristretti Orizzonti.
Se chi è stato offeso dalla violenza, e anche dalle parole di qualcuno riesce a trametterci la sua sofferenza, forse ci aiuterà a risparmiare ad altri il dolore di parole superficiali, rozze, che feriscono.

Quali narrative per le scienze che si occupano del male?
Alfredo Verde, professore straordinario di Criminologia presso l’Università di Genova.
Misurarci con le narrative degli specialisti, di quelli che scrivono le perizie, di quelli che al processo ti inchiodano a nient’altro che al reato, e ti trasformano in un “reato che cammina” è particolarmente importante per noi che dal carcere affidiamo i racconti spietati di pezzi di vite violente a tanti giovani studenti, con la speranza che si allenino così “a pensarci prima”.

Alzi la mano chi ha voglia di fare l’innocente
Riccardo Iacona, giornalista, lavora all’ideazione e alla realizzazione del programma Presadiretta.
È di narrazioni vere che abbiamo bisogno, ne hanno bisogno prima di tutto le vittime, per trovare finalmente un po’ di verità, ne hanno bisogno i cittadini “perbene” per capire che la linea che li divide da chi ha commesso un reato è a volte incredibilmente sottile, e lo è in modo particolare per i reati che la cattiva informazione attribuisce ai “mostri”, impedendoci irresponsabilmente di imparare qualcosa dal “male degli altri”. Ecco perché abbiamo un disperato bisogno di “buone narrazioni” anche da parte di chi si occupa di informazione.-

È possibile uscire dalla violenza senza infliggere ai violenti la cura Ludovico?
Marina Valcarenghi, psicoanalista, è presidente dell’associazione Viola.
Mauro Grimoldi, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia.
Nel film “Arancia meccanica”, tratto dall’omonimo romanzo di Anthony Burgess, lo Stato per curare il giovane criminale protagonista applica la terapia del “disgusto per la Violenza”, legando il ragazzo, con gli occhi forzatamente sbarrati davanti a immagini cruente, e iniettandogli una sostanza dolorifica che gli torce lo stomaco. È la cura Ludovico, così chiamata perché rende ad Alex insopportabile, oltre alla Violenza, anche la Nona sinfonia di Beethoven, da lui tanto amata, in quanto la utilizza per accompagnare le orribili immagini a cui il ragazzo è costretto ad assistere.

Il cambiamento drammatico del sé
Adolfo Ceretti, Professore ordinario di Criminologia, Università di Milano-Bicocca
Lorenzo Natali, ricercatore in Diritto penale e criminologia all’Università di Milano-Bicocca.
“Nel corso dell’esistenza di ognuno di noi, il nostro Sé può essere messo in discussione, riorientato e fatto slittare “drammaticamente” verso una nuova conformazione/organizzazione valoriale e simbolica. (…) Rei e vittime, talvolta, incontrano queste trasformazioni profonde”.

Nel corso della Giornata interverrà Pietro Buffa, Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria per il Triveneto e l’Emilia-Romagna, su tortura e detenzione: alcune considerazioni in tema di abusi, maltrattamenti e violenze in ambito detentivo
Coordinerà i lavori Adolfo Ceretti