Ivo Rossi spiega la prospettiva urbanistica del 2020 di Padova

 

Nella storia della città ci sono state fasi in cui si è dipanata la trama di ciò che siamo. Si è costruito l’orizzonte entro cui inscrivere il futuro. Si sono immaginati e costruiti i simboli che, ancora oggi, definiscono la nostra più profonda identità.
Basterebbero tre date, che condensano i 17 anni che hanno impresso una svolta profonda all’idea di città: 1218 avvio della costruzione del Palazzo della Ragione, cuore delle virtù civiche e della giustizia cittadina; 1222 nascita dell’Università degli studi, 1235 avvio della realizzazione della basilica del Santo (ad appena quattro anni dalla morte di Sant’Antonio).
Tre date che sintetizzano la volontà di una piccola comunità di dotarsi di una prospettiva, di una coscienza di se stessa, che oggi definiremmo globale.

La sfida che ha di fronte la classe dirigente attuale, sul solco di quella di allora, è la costruzione di un orizzonte in grado di fornire Padova di solide basi con cui affrontare la competizione fra aree urbane, nella consapevolezza che le città saranno sempre di più i luoghi della crescita economica, sociale e civile delle nostre comunità. In questo senso la discussione sulla nascita di un nuovo polo ospedaliero, così come quando si decise il trasferimento dall’originaria collocazione di via San Francesco al Nuovo Giustineaneo, più che un problema edilizio o urbanistico, rimanda ad un’idea generale della città e di una delle sue riconosciute eccellenze. Si tratta di un orizzonte che assume la consapevolezza che la medicina veneta, non solo per indiscutibili quanto riconosciuti meriti storici, ma per ruolo attuale, o è padovana o non è. Il nuovo polo ospedaliero è dunque un’opera fondamentale non solo per migliorare l’efficienza del nostro sistema sanitario, ma per il futuro dell’intera medicina veneta, perché – con ogni evidenza – la scuola medica padovana è il fulcro intorno al quale dovrà ruotare, anche in futuro, il sistema regionale, sia per quanto riguarda la cura dei pazienti sia – soprattutto – per la ricerca scientifica e l’innovazione in campo medico.

L’attuale insediamento dell’Ospedale di Padova è frutto, senza ombra di dubbio, di un grave errore urbanistico. Quella collocazione infatti ha calpestato le mura del ‘500, compromettendo, con la realizzazione delle cliniche sopra i bastioni, la percezione di uno dei manufatti più significativi della città. Altra questione, non certo secondaria, è rappresentata dai problemi di accessibilità e di congestionamento dell’area. Non è immaginabile continuare a lasciare le cose così come sono, perché, oltretutto, ciò comporterebbe la trasformazione delle strutture ospedaliere in un cantiere permanente in un contesto angusto, impedendo il verificarsi delle condizioni necessarie per un’auspicabile rigenerazione del tessuto urbano. Senza contare che il mantenimento di una simile situazione costa una quantità di risorse che, proiettate nei prossimi anni, rendono comunque conveniente l’investimento in un nuovo sito.

Fino ad oggi le dinamiche urbanistiche hanno comportato la concentrazione dei servizi ad alta attrattività, in particolare il direzionale e la zona industriale, nella parte a nordest della città.
E’ in questo quadro che nasce la necessità di ripensare all’equilibrio delle funzioni nel contesto di un tessuto urbano moderno ed efficiente. In questo senso, la zona ovest di Padova – fino ad oggi rimasta con un profilo incerto – offre grandi opportunità. Posizionare il nuovo polo ospedaliero lungo corso Australia risponde ad una logica pianificatoria di carattere metropolitano; si tratta di una scelta obbligata alla luce del ruolo di ricerca, di didattica e di cura i cui riferimenti travalicano i confini amministrativi. Tale collocazione risponde ad una molteplicità di esigenze, la più importante è la facile accessibilità: l’area è a circa 1 chilometro dalla Stazione ferroviaria e, attraverso il completamento del piano di riqualificazione urbanistica definito Arco di Giano, sarà collegata, senza soluzione di continuità con via D’Avanzo, e quindi facilmente raggiungibile (grazie alle nuove nervature viarie rappresentate dal ponte della Fiera e dal Ponte Sarpi Dalmazia) sia dal cuore del centro storico sia dall’Arcella. In più, il futuro sviluppo di una nuova linea tramviaria tra la Stazione e il parcheggio dello stadio Euganeo renderà la collocazione di Padova ovest assolutamente centrale.

Il nuovo ospedale rientra infine in un disegno complessivo di città e di rilancio del nostro sistema urbano, insieme al polo della Musica in Piazzale Boschetti, al Centro congressi in Fiera, alla risistemazione del Foro Boario di Prato della Valle, alla riorganizzazione urbanistica lungo via Venezia, dove si stanno cimentano architetti di fama internazionale, alla trasformazione della Zona industriale Nord.
Sono questi i tasselli di un ambizioso quanto realistico mosaico della Padova del 2020: una scommessa dal cui esito dipendono la nostra competitività e il nostro futuro.
Sta a noi cogliere questa straordinaria opportunità.

Ivo Rossi
Vicesindaco di Padova
Assessore all’Urbanistica