Massimo Bitonci rischia di non avere più la maggioranza a Palazzo Moroni. Ma per darlo per morto a sinistra bisogna essere più vivi di così

 

Il sindaco di tutti non c’è più, anzi probabilmente non c’è mai stato. Se resterà qualcosa delle molte notizie che sono calate sulla testa di Massimo Bitonci in questa settimana, tra indagine della Guardia di finanza sul nuovo ospedale a Padova est, baruffe a Mortise e dimissioni date e in via di presentazione, è questo: il sindaco di tutti non ha più la maschera. E’ il sindaco della sua parte politica, la Lega Nord e quello che rimane dell’ex destra sempre meno sociale e sempre più razzista e caregara. E diciamocelo, al leghista dal volto umano, come si spacciava Massimo Bitonci da Cittadella in campagna elettorale, ci avevano creduto forse solo quelli che non avevano avuto la ventura di conoscerlo prima. E così con lo slogan “il sindaco di tutti” contro il disastroso e apodittico slogan partorito da via Beato Pellegrino “meglio Ivo Rossi”, l’8 giugno di due anni fa Massimo Bitonci è diventato sindaco di Padova. Che le cose non sarebbero state come raccontato in campagna elettorale, gli alleati hanno iniziato a capirlo già dai primi mesi. “Ammanettato” politicamente Maurizio Saia dalla nomina del comandante della polizia municipale Antonio Paolocci, costruito un filo doppio e triplo tra il capo di gabinetto da Piove di Sacco Andrea Recaldin, che di fatto conta molto più di mezzo consiglio comunale nella testa e nel cuore del primo cittadino, le teste a palazzo Moroni rotolano ininterrottamente da due anni. Primi a saltare, i rapporti con la civica di centro che ha eletto il consigliere comunale Antonio Foresta. Contromossa di Bitonci alle bizze di Foresta? Una persecuzione professionale che, ahimè, abbiamo conosciuto in tanti, nei confronti di Domenico Menorello, che non lo dirà mai in pubblico, ma negli ultimi due anni ha dovuto reinventarsi uno studio dopo che su pressione del sindaco il suo sodalizio con l’avvocato Lorigiola, è saltato. 

Saltato Flavio Rodeghiero, per motivi mai messi in piazza da uno dei pochi leghisti eleganti e colti partoriti dal carroccio veneto, è stata la volta dell’assessore Alessandra Brunetti, che a differenza di Rodegiero, la sua disillusione l’ha cantata ai quattro venti per mesi. Stessa sorte capitata all’ex reggente di Forza Italia Padova Stefano Grigoletto, rifugiatosi nella farmacia della Guizza gestita assieme a un suo beneficiato di origine siriana, sacrificato da una parte dei suoi compagni di partito (Lodi e Mosco) e seguito da altri due consiglieri comunali passati dalla parte dei cattivi. Questa settimana dopo aver baruffato con alcuni cittadini di Mortise accusati dal “sindaco che ascolta” di essere contemporaneamente del Pd e del Movimento 5 stelle, il sindaco deve fare i conti con il passaggio al gruppo misto di Riccardo Russo e sui motori rombanti per fare altrettanto di altri due consiglieri comunali. Come scrive Claudio Malfitano sul Mattino di Padova di oggi: “Altri consiglieri potrebbero seguire il suo esempio. Gli scontenti sono molti, da Maria Luisa Nolli già critica sul nuovo ospedale, a un altro giovane come Davide Meneghini. Ma basta un solo “mal di pancia”, un’assenza improvvisa, per far mancare il numero legale nell’aula di Palazzo Moroni”. 

E il sindaco che fa? Essendo anche segretario veneto della Lega Nord ringhierà in giacca e cravatta e magari parlando di negritudine, che negri non sta bene dirlo, al fianco del segretario della Lega Matteo Salvini in un fine settimana al palaGeox tutto a tinte leghistissime. Altro che sindaco di tutti: questa settimana Massimo Bitonci ha definitivamente gettato la maschera. Sarà il sindaco solo di quelli che lo sostengono. In consiglio comunale un bel po’ di meno di quelli che lo osannarono l’8 di giugno. In città dire che l’ex sindaco di Cittadella ha perso gran parte del suo consenso sarebbe avventato. anche perchè Movimento 5 stelle e Partito Democratico in questa lunga notte della Padova a trazione leghista hanno saputo brillare davvero poco in quanto a incisività dell’opposizione, creazione di legami con la cittadinanza e progettualità politica. Tre elementi fondamentali per evitare che il sindaco di tutti vinca anche la prossima tornata elettorale per inconsistenza dell’avversario, inteso non già come una figura carismatica da contrapporre al turbo leghista senza più la maschera da buono, ma da pensare come una coalizione che sappia dare una idea unitaria di città, di linee di sviluppo e anche di riconciliazione sociale nelle periferie abbandonate, dopo gli slogan altisonanti, da questa amministrazione chiacchierona e inconcludente. Occorre fare presto e tanto, certamente di più di quanto fatto negli ultimi due anni, consumati in tatticismi sotterranei in un Pd che non ha la forza di andare oltre all’esperienza di Flavio Zanonato. L’ex primo cittadino ora europarlamentare, giustamente, non ci sta a farsi rottamare da chi almeno sul piano della gestione del potere interno, non sembra averne la statura. Dall’altro lato appare irrisolta la questione dei rapporti con Padova2020 che su temi fondamentali, citiamone due, nuovo ospedale e rapporti con il governo, pare avere idee tuttaltro che conciliabili con quelle del partito democratico. Eppure occorrerà evitare di presentare un centrosinistra di nuovo spaccato in due o più tronconi contro il nuovo Bitonci, che quando vorrà, si ripresenterà ai padovani. E non basterà dire “meglio qualcun altro” senza spiegare il perchè. Altrimenti, come successo ad Abano Terme recentemente, si rischia che in una città in cui appare a parole che nessuno lo abbia  mai votato, il sindaco feroce nel segreto dell’urna venga rieletto dalla maggioranza di coloro che pubblicamente dicono “io mai più”. 

 

Alberto Gottardo