Mercato del lavoro a Padova: assunzioni stabili, diminuiscono le crisi aziendali. I dati di Veneto Lavoro analizzati dalla Cisl

 

Il mercato del lavoro nel Padovano continua a tenere le porte aperte, anche in misura maggiore rispetto a quasi tutte le altre province venete. Solo Verona fa meglio. Ma dopo le straordinarie performance del 2015, deve far riflettere il drastico rallentamento del ricorso ai contratti a tempo indeterminato che dall’inizio di quest’anno continuano a ridursi sia a causa del calo degli sgravi contributivi alle aziende per l’anno in corso che in virtù di un prevedibile ridimensionamento dopo i picchi del 2015.

E’ questa la fotografia principale sull’andamento delle dinamiche occupazionali in provincia di Padova nel terzo trimestre 2016, scattata dalla Cisl Padova Rovigo analizzando i dati di Veneto Lavoro.

Entrando nello specifico dei numeri, fra luglio e settembre – rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – si conferma pressoché stabile (il calo è infatti minimo) la dinamica delle assunzioni nel lavoro dipendente: gli assunti si attestano a circa 24.500 unità, con un saldo occupazionale positivo per la provincia di Padova (+1.960), ma in netto calo rispetto al terzo trimestre del 2015 quando fece segnare +3.200 unità. Come anticipato, è decisamente in frenata la dinamica eccezionale registrata per il tempo indeterminato nel 2016, visto che in provincia il volume delle assunzioni nel terzo trimestre cala del 28% su base annua. Come evidenzia Sabrina Dorio, segretario generale della Cisl Padova Rovigo, “c’è stata una forte frenata sulle stabilizzazioni da parte delle nostre imprese, poiché il forte calo di contratti a tempo indeterminato riguarda anche il versante delle trasformazioni, dove la flessione è pari al 23% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Questo è chiaramente un effetto negativo legato alla riduzione degli sgravi contributivi prevista dalla Legge di stabilità”.

Il saldo del trimestre per questa tipologia contrattuale effettivamente è sì leggermente positivo, ma comunque fortemente ridimensionato: siamo a +90 unità contro le +2.250 del terzo trimestre 2015. Va comunque detto che rispetto a quanto accade in tutte le altre province venete, Padova mantiene il protrarsi della crescita (anche se decisamente più lenta) dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Torna invece la domanda di lavoro per l’apprendistato (+34%) e registra una discreta crescita anche il ricorso al lavoro somministrato, con un +16% di attivazioni contrattuali, mentre è ancora in forte contrazione il lavoro parasubordinato e diminuisce il lavoro intermittente.

Per quanto riguarda i disoccupati disponibili iscritti ai Centri per l’impiego, i dati del 1° semestre 2016 parlano chiaro, manifestando buoni segnali. Sono infatti ancora in diminuzione i rilasci delle dichiarazioni di disponibilità al lavoro in provincia di Padova: fra gennaio e fine giugno sono stati circa 22.000, cioè il 14% in meno rispetto allo stesso arco di tempo del 2015. A calare sono soprattutto gli inoccupati (-20% a Padova); diminuiscono anche i disoccupati veri e propri (-20%) e i rientri dopo brevi esperienze di lavoro (-16%).

Ottimi segnali anche per quanto riguarda le crisi aziendali. Nel primo semestre 2016 si contano solo 66 nuove procedure aperte, circa la metà rispetto allo stesso periodo 2015, con il coinvolgimento di quasi 1.900 lavoratori. Gli accordi complessivi sono stati 59 e i

 

lavoratori coinvolti poco più di 1.600. Dal 2009 alla fine del primo semestre di quest’anno sono stati conclusi oltre 2.000 accordi per procedure di crisi aziendale con il coinvolgimento di quasi 51.400 lavoratori a livello provinciale.

Nel commentare questo indicatore Sabrina Dorio evidenzia come “il fatto che le crisi aziendali siano nettamente diminuite è un segnale positivo, dimostra che sia pure lentamente ci stiamo scrollando di dosso la crisi e che la base imprenditoriale ha maggiore fiducia nel futuro”.

Impressionanti sono invece i dati relativi all’utilizzo dei voucher a livello provinciale padovano. Dall’inizio dell’anno al 15 dicembre scorso l’espansione del lavoro accessorio è stata continua, con ben 3.111.808 milioni di voucher venduti grazie anche alla progressiva diffusione in tutti i settori di impiego. Padova con questo dato si piazza al terzo posto fra le province venete (poco distante da Verona e Venezia) per utilizzo di questa forma di ticket sulle prestazioni di lavoro; dal 2008 a oggi sono stati complessivamente venduti in Veneto oltre 50 milioni di voucher. Per la Dorio “i voucher avrebbero dovuto garantire l’emersione del lavoro nero e la copertura assicurativa nei casi in cui non fosse stato possibile utilizzare altre forme di regolarizzazione del lavoro. Invece assistiamo ad un abuso incontrollato. Nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia in particolare ne abbiamo chiesto l’eliminazione, ma anche il settore ristorazione e servizi oggi ne sta abusando, e i casi che seguono sia il nostro ufficio vertenze che  il nostro sportello lavoro lo dimostrano”.

 

Dinamiche occupazionali nel lavoro dipendente: un bilancio a 8 anni dalla crisi

 

Dall’inizio della crisi (giugno 2008) al 30 giugno 2014 (6 anni pieni) la complessiva perdita occupazionale registrata in provincia di Padova  è stata di oltre 12.000 posizioni lavorative   (-75.000 in Veneto).

Al 30 giugno 2016 dopo un importante recupero, le posizioni perse in provincia risultano ancora -3.800. A questa data, in Veneto, le posizioni di lavoro mancanti superano le 33.000 unità. La contrazione delle posizioni di lavoro ha interessato in particolar modo il settore industriale (comprese le costruzioni): in quest’ambito, al 30 giugno scorso il saldo risulta ancora negativo per quasi 15.000 unità, mentre il bilancio cumulato è leggermente positivo in agricoltura e ampiamente positivo (+10.500 unità) nei servizi, ad ulteriore conferma della forte propensione per il terziario del tessuto economico padovano.

“Questi dati” -dichiara Dorio -” mettono in evidenza la trasformazione che ha subito il territorio in questi anni, ma la vocazione manifatturiera non deve essere trascurata perché la ripresa della produzione interna sarà l’unica strada per far crescere in modo strutturale l’economia e i posti di lavoro. E deve essere affrontata con una programmazione ad ampio raggio.

Perché Industry 4.0 non riguarda solo la produzione industriale, ma anche tutto il sistema dei servizi e delle reti.

Serve infatti un modo diverso e nuovo di affrontare tutti i processi produttivi e di supporto al lavoro: dalla progettazione, alla formazione professionale, all’organizzazione, ai sistemi di comunicazione, alle reti collaborative e alle connessioni interne ed esterne all’impresa e sul territorio. Su questo è responsabilità dell’intero sistema farsi carico del cambiamento e anche della predisposizione del territorio a ricevere nuove produzioni e nuovi lavori. Con l’anno nuovo dovremmo avere tutti questo grande obiettivo, perché il ritardo accumulato è notevole e pesante e va recuperato quanto prima. Ai nostri giovani e ai disoccupati non basta una pacca sulla spalla, servono azioni concrete“.