Padova Venezia, dopo i muri crollano anche i campanili

 

Bene arrivati, meglio tardi che mai. Anche la politica dopo una generazione di chiacchiere finalmente si è accorta che Padova e Venezia hanno smesso da un pezzo di farsi la guerra. Che il tempo dei Carraresi, nonostante l’ossessione di qualche assessore, è finito da un pezzo ed è sepolto da centinaia di anni di sedimentazioni economiche e culturali che hanno visto Padova essere il naturale riferimento in terraferma dei veneziani. Superati i dualismi che hanno creato delle mostruose quanto inutili sovrapposizioni, ora ogniuno dei due poli potrà dedicarsi alle sue naturali e storiche vocazioni e finalmente ci sarà qualcuno che deciderà per tutti su viabilità e trasporti, si daranno delle risposte al territorio. Ora bisognerà decidere ad esempio se mantenere due camere di commercio, due parchi scientifici, due università che insegnano le stesse materie, due aziende di trasporto pubblico extraurbano, due associazioni degli industriali e via elencando o se, in almeno una parte delle sovrastrutture del governo politico ed economico non sia meglio ragionare come se Padova e Venezia non siano piuttosto un unico territorio urbano, come appare con nitidezza quando si plana con l’aereo su Tessera. E proprio sul quadrante dell’aeroporto credo si potrà giocare una prima grande partita, capendo ad esempio perchè diavolo non ci sia un mezzo di trasporto veloce su rotaia che collega Padova al suo sbocco veloce sul mondo. Ed ancora bisognerà capire quali altre sinergie si possano ottenere dalla regia unica che dal 2014 governerà le dimensioni sovracomunali. Padova manterrà un suo sindaco ed una sua amministrazione comunale come farà Venezia, è bene chiarirlo per evitare fraintendimenti (in queste ore se ne sentono di tutti i colori).  Padova e Venezia sono già unite da un pezzo, mi vengono in mente almeno una dozzina di amici e colleghi che Veneziani d’origine hanno deciso di trasferirsi a vivere a Padova. E molti meno che da Padova si sono trasferiti per la verità a Venezia, data l’inaccessibilità di fatto dell’isola lagunare. Questa è la sfida che Padova deve vincere: continuare ad essere più attraente di Mestre (e da padovano posso dire che ci vuole poco) e insegnare ai veneziani come al di là della prosopopea della capitale del Veneto, si può essere capitale insieme o si rischia di soccombere divisi in piccoli campanili di fronte alle sfide troppo grandi per essere affrontate da realtà troppo piccole e povere prese singolarmente, per vincere le sfide della competizione con la nuova Europa. E’ un processo di nuova politica, in cui tutte le parti in campo rinunciano a qualcosa per dare vita a qualcosa di più grande e solido. Un po’ come l’Unione europea, fatte le debite proporzioni in sedicesimo: facile da criticare, facili i rimpianti del sis tava meglio quando si stava peggio, ma evidentemente irreversibile ed ineludibile come decisione. L’alternativa è diventare un autorevole cadavere fatto di rovine urbanistiche, di spizzichi e bocconi moltiplicati per ogni provincia, troppo poco innovativi e moderni per competere, che tutti calpesteranno. Invocare presupposte rivalità storico-calcistiche da bar non credo faccia onore alla tradizionale nomea dei gran dottori padovani.

Alberto Gottardo