“Lei non sa chi sono io”. Cafoni presunti potenti a Padova, che tristezza

 

Dal collega ed amico Davide D’Attino riceviamo e pubblichiamo una storia che è a metà per cafonaggine tra il Marchese del Grillo de “io so io e voi non siete un cazzo” e una scena de “I mostri”. Scrive l’amico Davide: “Questa mattina, ore 12.30 circa, corso Milano, Padova. Sono in macchina, ho appena passato il Teatro Verdi e devo girare a sinistra per via Dante. La freccia del semaforo, che regola appunto la svolta a sinistra, è verde. Mentre l’altra, quella che riguarda le auto dirette in piazza Insurrezione, è rossa. La mia corsia è libera e quindi procedo tranquillo verso l’incrocio. All’improvviso, da destra, una jeep scura mi taglia la strada e per poco non mi sperona. Inchiodo, do un colpo di clacson e sgancio, inevitabilmente, più di qualche imprecazione: l’uomo al volante del fuoristrada, che non indossa le cinture di sicurezza ed è al telefonino senza auricolare, non batte ciglio. Nel frattempo, il semaforo con la freccia a sinistra è diventato rosso. Sono il primo della fila e, dietro di me, c’è la jeep. Ed ecco che l’uomo, visibilmente alterato, scende dalla macchina e si dirige verso di me. Avrà una sessantina d’anni, barba e capelli bianchi. “Lei è forse un vigile, un carabiniere o un poliziotto?”, mi domanda (con accento meridionale, ma poco importa), magari innervosito dai miei ripetuti colpi di clacson. “No”, gli rispondo. “E allora chi è, si qualifichi?!”, mi urla. “Sono un privato cittadino – gli ribatto – che le ha semplicemente fatto notare che stavamo per fare un incidente, anche perché lei stava guidando con il telefonino in mano e, forse, era un po’ distratto”. E lui, sempre più imbufalito: “Ma lei non sa chi sono io! E soprattutto lei non sa con chi ero al telefono!”. “Guardi – mi vien quasi da ridere – non me ne frega niente chi sia lei e non me ne frega niente con chi fosse al telefono. Le ripeto, stavamo per fare un incidente, magari la prossima volta, se proprio deve telefonare, usi l’auricolare”. Ma l’uomo non si dà pace: “Insomma, ero al telefono col prefetto!”. “Guardi – gli sorrido – non me ne frega niente che lei fosse al telefono col prefetto o con chi sa chi…”. E lui: “Lei sta mancando di rispetto al prefetto, ora mi tiro giù il suo numero di targa”. E se ne torna in macchina. Due secondi e diventa verde, probabilmente non ha fatto in tempo a segnarsi il mio numero di targa. Poi, in viale Codalunga, ci ritroviamo incolonnati. Stavolta, lui davanti ed io dietro. Il semaforo rosso dura più di un minuto, quanto basta per tirarmi giù il suo numero di targa: CK9… Quattro lettere e tre cifre, ho tutto. La jeep scura? Una Suzuki nera”.

PS Del prefetto di Padova Ennio Mario Sodano (se l’uomo era al telefono con lui), che conosco professionalmente, ho grandissima stima.

D.D’A.