Quel fuoco sotto la panchina di Verona: non è morto solo Boateng Kofie in quel giardinetto, ma anche una parte della nostra umanità

 

C’è un episodio successivo alla morte del senza tetto a Verona che dovrebbe far riflettere tutti i veronesi ed i veneti in generale. Sulle panchine, quelle tolte da Giancarlo Gentilini, quelle anti bivacco sbandierate anche recentemente a Padova dall’allora sindaco Massimo Bitonci, una intera classe dirigente si è costruita una fortuna elettorale, mentre parte di quegli stessi cittadini che davano il voto alla forza politica anti immigrazione ed anti sbandati diventava appunto sempre più indigente. A Verona non è morto solo un clochard, ma muore anche una parte della nostra umanità se pochi si indignano di fronte a questa morte incivile, ed anzi qualcuno dà addirittura fuoco ai poveri stracci di una persona morta di freddo e con essi anche alla panchina stessa.
Questo episodio lo racconta bene Lorenzo Tosa, comunicatore già ufficio stampa del Movimento 5 stelle in Liguria ed animatore di Generazione Antigone, pagina social che si occupa di attualità da una prospettiva mai scontata.
Qui di seguito testo e foto pubblicati in serata da Lorenzo Tosa:

È morto di freddo, di abbandono e di solitudine, Boateng Kofie, senzatetto ghanese di 45 anni. È successo ieri, a Verona.
Da un anno e mezzo viveva su una panchina “antibivacco” senza neppure potersi sdraiare per riposare, dopo che la Polfer lo aveva allontanato dalla stazione. Questione di “decoro”, dicono qui. Ed è in nome di quel “decoro” se Kofie oggi non c’è più. Il quinto ad andarsene solo negli ultimi 12 mesi in città. Tutti senzatetto. Tutti stranieri. Tutti emarginati.

Ma a Kofie è andata peggio. E alla tragedia di una morte straziante si è aggiunto un ultimo, estremo, oltraggio. Ieri notte, dopo che il corpo è stato portato via, la panchina sulla quale viveva è stata data alle fiamme da ignoti, insieme alle coperte che erano diventate la sua casa, riducendola in queste condizioni.

Un atto di una violenza e di una disumanità raccapriccianti, da togliere il fiato, nei confronti di un uomo buono, che non aveva mai fatto del male a nessuno, sempre sorridente, sempre un “grazie” ai volontari della “Ronda della carità” che ogni sera gli portavano coperte, vestiti, un pasto caldo. Questa volta non è bastato.

Addio Kofie, hai vissuto da fantasma e da fantasma te ne sei andato. Ma, se questo post arriverà lontano, forse qualcuno saprà finalmente chi sei, chi sei stato, chi sono i tanti Kofie che dormono sulle panchine delle nostre città, nel freddo e nell’indifferenza. E forse, chissà, avrai finalmente un briciolo di quella giustizia che avresti meritato in vita.

Sulla panchina è stato deposto un fiore in suo ricordo. Buon viaggio, Kofie.

(foto Alberto Sperotto)