Questa sera il reportage “Sopravvissuti ad Isis” su Rai Uno le storie dalla Siria e dal Kurdistan raccolte da Ivan Grozny Compasso

 

Si intitola “Sopravvissuti ad Isis” ed è un reportage girato nel nord della Siria, nel Kurdistan iracheno e in Iraq che mostra questi territori finalmente liberati dagli uomini del Califfato. Un racconto che parte dalla vicenda di Sonia , la ragazza della provincia di Treviso che è partita della Siria per sposare il numero due dell’Isis a Raqqa. Il documentario sarà messo in onda questa sera a mezzanotte su Rai Uno nel corso di Speciale TG1 poco prima di mezzanotte.
Ritrovata in un campo profughi insieme ad altre mogli di militanti del Califfato, a Stefania Battistini della redazione del Tg1 e a Ivan Grozny Compasso (nella foto qui a fianco) che sulle pagine del Corriere del Veneto, a luglio, ha raccontato la sua storia. Proprio il reporter padovano è insieme alla Battistini protagonista di questo reportage. Il giornalista padovano è stato, nel 2014, uno dei pochi giornalisti al mondo che è riuscito a entrare nella città di Kobane sotto assedio dell’Isis. Kobane è la città simbolo della resistenza all’Isis e proprio quella sua esperienza diede la possibilità di sapere cosa stava accadendo all’interno della città. Nonostante sia tornato più volte in quei territori questa è la prima volta che torna nella città sul confine turco da quando è stata liberata. Nel reportage, che andrà in onda in seconda serata, oltre alla possibilità di vedere in che condizioni è oggi la città, che pian piano sta cercando di tornare a una vita normale, si vedranno anche immagini inedite dell’assedio del 2014 girate dallo stesso giornalista durante la sua settimana di permanenza a Kobane. Nel reportage che andrà in onda su Rai 1 anche le immagini che i due hanno girato a Raqqa, che erroneamente è sempre stata considerata la capitale dell’isis in Siria, e Manjib, dove si trovava il vero centro di comando dello Stato Islamico. In quella città, nel mese di gennaio, un attentato di uomini che sono ancora vicini al Califfato a portato alla morte di diversi civili e anche di soldati americani, che come si mostra nel reportage sono sempre presenti in città. Particolarmente forti le immagini e le storie raccolte dai due giornalisti a Raqqa.
Una città completamente distrutta, in macerie. Nel reportage vengono mostrati anche i luoghi dove Isis girava i suoi filmati di propaganda e anche luoghi di tortura. Nella secondo parte si attraversa il Tigri per giungere nella Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno e soprattutto si entra in Iraq. Come si vedrà la città di Mosul, soprattutto la parte più antica, la zona est, nasconde sotto la distruzione bellezze millenarie ridotte in macerie dai bombardamenti degli alleati che così hanno costretto Isis alla resa e alla fuga. Quest’azione però ha reso quella zona molto insicura per chi oggi ha scelto di ritornarci o per chi da lì non è mai andata via, vista le numerose presenze di mine e ordigni che tutt’ora causano la morte di civili. Particolarmente interessante poi la visita che i due giornalisti fanno al museo di Mosul, insieme al Governatore dell’Iraq. E’ la prima volta che il museo viene aperto alle telecamere dopo che gli uomini di Isis l’avevano occupato e distrutto statue e sculture che avevano resistito per migliaia di anni. Isis ha distrutto opere e reperti archeologici in tutte le zone in cui ha operato e, insieme al traffico di armi e di petrolio, quella della vendita dei reperti archeologici sul mercato nero era una delle voci più proficue che permettevano sostentamento e lauti guadagni. Un modo per finanziare la guerra ma anche per garantire stipendi e premi a combattenti e sostenitori dello Stato Islamico. Nel reportage verranno mostrati anche i tunnel attraverso i quali si muovevano rapidamente nelle città. La realtà per i cristiani di quelle zone era particolarmente drammatica durante l’occupazione e i segni, sulle case e sulle chiese sono ancora evidenti. Ci sono poi le storie di chi ha scelto di rimanere nonostante tutto e oggi cerca di dare un contributo alla causa della ricostruzione. Per la prima volta saranno mostrate le immagini di Nimrod, l’ex capitale dell’impero Assiro. E’ da sempre uno dei luoghi maggiormente attrattivi del Paese. Fino all’arrivo degli uomini del Califfato il sito archeologico era assolutamente intatto, dopo il loro passaggio è stato ridotto in macerie. Il reportage mette in evidenza anche i differenti percorsi politici che si sono intrapresi dopo la cacciata degli uomini dell’Isis. Se nel Nord della Siria c’è il progetto del “confederalismo democratico” attuato dai curdi in tutto il Rojava, la regione a nord est del Paese, in Iraq la realtà politica è molto diversa. Se nel Nord governano i curdi, con una proposta politica che è però molto lontana da quella praticata in Rojava, dove i diritti, le libertà e la partecipazione sono messi al centro per far ripartire la vita, con municipi che mantengono una loro autonomia esaltando il dialogo tra tutte le comunità presenti, nel nord dell’Iraq è tutto diverso e più vicino a quello di un Paese occidentale. In Iraq invece, si sta cercando attraverso la via democratica di trovare una certa stabilità. Proprio in questi giorni si sta combattendo quella che viene chiamata l’ultima battaglia per liberare la Siria dagli uomini del Califfato, che si sono rintanati nella provincia di Baghuz e dove sono asserragliati. Con loro anche parecchi ostaggi occidentali che chiedono di scambiare per la loro incolumità. Tra questi potrebbe esserci anche Padre Dall’Oglio, il sacerdote italiano rapito in Siria nel 2013.