Sara Buson, storia di un “cervello” padovano alla Nasa per scrutare le stelle con il telescopio più potente del mondo

 

La matematica, la fisica e le stelle. Fin da piccola, anche grazie a un astronomo in famiglia, il cugino del padre, sono state queste le passioni di Sara Buson, classe 1979, nata e cresciuta a Pernumia (Padova). Al momento di decidere quale percorso di studi intraprendere, se fisica o astronomia, ha optato per la scelta più pragmatica: «Male che vada un lavoro fuori dall’accademia si trova più facilmente con una laurea in fisica che con una in astronomia» afferma.
E così si è iscritta all’Università di Padova, dove si è laureata in astrofisica e ha ottenuto il dottorato di ricerca nel 2013. «Sin dall’inizio ho avuto grande indipendenza nel mio lavoro, con l’opportunità di inserirmi in un contesto internazionale» racconta. Al dipartimento di fisica, grazie al supervisore Denis Bastieri, ha potuto lavorare con il telescopio spaziale per raggi gamma Fermi ed entrare a far parte della collaborazione Fermi LAT (Large Area Telescope), tra i cui principali promotori oltre alla NASA ci sono le agenzie spaziali di Italia, Francia, Giappone e Svezia.

Al dottorato è seguito un post doc a Padova per proseguire il lavoro in forza al gruppo Fermi. In questo periodo Sara ha avuto la possibilità di crescere professionalmente tra le migliori Università ed enti di ricerca al mondo, tra cui Berkeley e Stanford: «Nonostante il gruppo padovano fosse relativamente piccolo, lavoravamo in un ambito internazionale: ho così collaborato con i più grandi esperti del settore, persone da cui imparare non solo professionalmente ma anche umanamente, pronte a confrontarsi e a rapportarsi in modo semplice e costruttivo con chiunque».
Dopo poco più di un anno di post doc la giovane ricercatrice ha avuto quella che definisce «un’offerta irrinunciabile»: lavorare negli Stati Uniti al Goddard Space Flight Center, il prestigioso centro della NASA dedicato alla ricerca spaziale. In questo «ampio e vibrante contesto scientifico» Sara Buson si trova tuttora, grazie alla vincita di premi e finanziamenti per supportare la sua ricerca.

«Il focus della mia ricerca è l’Universo degli eventi più energetici e violenti conosciuti, studiati tramite i raggi gamma catturati dal Fermi LAT – spiega –. Le galassie attive sono gli oggetti che trovo più affascinanti: al loro centro c’è un buco nero super-massiccio, che è il motore principale della fonte di energia. Queste galassie sono acceleratori naturali di particelle che ci permettono di studiare energie inaccessibili anche ai più potenti acceleratori costruiti dall’uomo, come quelli al CERN. Studiandole, possiamo ottenere importanti informazioni riguardo l’origine e l’evoluzione del nostro Universo. Ad esempio, trovandosi a distanze cosmologiche notevoli, ci permettono di testare l’effetto di lente gravitazione, ipotizzato per la prima volta da Albert Einstein nella teoria della relatività generale».
Ma gli interessi di Sara sono più vasti. «I raggi gamma, rilevati col telescopio LAT, sono solo una parte del “puzzle” che dobbiamo comporre per descrivere il nostro Universo». Per questo sta usando i dati del Fermi LAT nel cosiddetto contesto dell’astrofisica “multi-messenger”, congiuntamente a quelli dei detector di onde gravitazionali LIGO/Virgo, e del rilevatore di neutrini IceCube. Alla domanda sul suo rapporto con l’Italia, Sara risponde che per lei il nostro paese è sempre più bello visto da lontano, e non è l’unica a pensarla così. «Sebbene sotto certi aspetti gli Stati Uniti non siano un paese facile in cui vivere, professionalmente offrono molte più opportunità e soddisfazioni personali».