Sentieri Veneti: un laboratorio di discussione politica. Arduino Paniccia e Stefano Allievi spiegano lo scenario al tempo del Daesh

 

Più realpolitik e meno errori dell’occidente e dell’Europa rispetto al passato. Sono i due binari sui quali scorre, per una buona mezz’ora, il ragionamento che Arduino Paniccia sviluppa nell’ambito dell’incontro natalizio di Sentieri Veneti di sabato 12 dicembre.
“Sono d’accordo con il professore Allievi che il fenomeno del Daesh durerà ancora nel tempo. Il terrorismo, secondo Paniccia, pervade molti ambiti, soprattutto quello del legame con l’era del petrolio, quello economico, ma anche quello religioso, di organizzazione militare, di proposta amministrativa e politica che ritroviamo nel sedicente Califfato (ISIS), che oggi occupa un territorio grande come la Gran Bretagna”.
Secondo Paniccia, che non perde di vista nemmeno per un momento l’orizzonte atlantista dell’Italia e il delicato e necessario rapporto che si deve avere con Israele, Putin – pur con molte contraddizioni e rischi – è diventato un interlocutore essenziale, che ha dimostrato che la vecchia alleanza atlantica tra EU e Usa non aveva più un ruolo così attivo nel complesso scenario mediorientale, ed ha colmato un vuoto.
Putin, nelle parole di Paniccia, combatte con maggiore durezza il Califfato che, non dobbiamo dimenticarlo, è stato accettato e perfino aiutato da una parte dei sunniti, a volte con notevoli intimidazioni, fino a raggiungere 9 milioni di “cittadini” più o meno controllati dal regime fondamentalista.
Il grosso delle forze al Daesh lo dà quella che potremmo chiamare la “gladio irakena”: molte delle truppe che un tempo rispondevano a Saddam Hussein ed al partito Baath. “Per capirci un buon numero di quelle 700.000 persone che in Iraq, sotto l’egida del plenipotenziario ambasciatore americano Bremen, da un giorno all’altro si sono trovati dal far parte della guardia presidenziale al finire per strada dopo lo scioglimento della guardia stessa, di tutto l’esercito, della polizia e della guardia di frontiera”.
Cos’ha fatto finora la coalizione occidentale intervenuta in Siria? “Meno di quanto hanno fatto i Russi. La coalizione che potremmo definire filo-atlantica ha dato vita a 7.000 operazioni aeree, ma ha sortito pochi risultati concreti. Putin invece sta usando le sue truppe di terra. Li chiamano “i fantasmi” perché hanno il compito di colpire e ritrarsi e, soprattutto, di non farsi prendere. Credo che in questi giorni la cosa meno desiderabile per Putin sia far vedere in tv ai suoi concittadini una pattuglia di soldati russi presi ostaggio con un pugnale sotto la gola. In Siria, nell’ambito di questa operazione, ci sono la 810a brigata di marina ed altri corpi scelti. Truppe usate per ora cautamente, ma che Damasco, ed altri importanti centri della Siria compresa l’autostrada per Aleppo, l’hanno ripulita.”
Secondo l’analisi dell’esperto di strategie militari, quella dei russi è una alleanza con gli iraniani e, con dietro il peso geopolitico decisivo dei cinesi.
“Noi non usciremo dalla vicenda del terrorismo senza l’alleanza con i russi – scandisce Paniccia – io sono per la realpolitik: l’interesse nazionale parte dall’idea che la Federazione Russa, con le sue truppe e certamente con la sua influenza politico commerciale, in Siria e nei territori, una volta liberati, del Daesh, ci resterà. Come italiani possiamo svolgere un ruolo che non può essere bellico, ripiegati come siamo in questa fase, non ce lo possiamo permettere per vari motivi, e non solo per prudenza: sono tra coloro che (in maniera per nulla scaramantica) ritengono che l’Italia molto probabilmente non sia la prima linea di attentati significativi del terrorismo di radice islamica”.
Questa prospettiva però non deve lasciare all’Italia un ruolo marginale, specie nella partita politica e soprattutto diplomatica. “Uno snodo fondamentale è la conferenza di Roma sul futuro della Libia – continua Paniccia – la conferenza è stata la nostra proposta, e alla serie di conferenze diplomatiche che seguiranno vanno invitati ed ascoltati quelli dell’altra coalizione: russi, cinesi, iraniani ed anche Hezbollah”.
Un altro passaggio fondamentale della realpolitik, secondo Paniccia, è che nella prima fase di transizione in Siria, “piaccia o meno, non possiamo rimuovere subito Assad senza avere la soluzione, questa volta concordata con tutti gli attori in campo, altrimenti la Siria rischia di essere l’Iraq dei prossimi vent’anni”.
“Nella vicenda libica i francesi hanno già fatto molti errori e dobbiamo, ripeto, evitare di continuare a farne. L’Italia deve avere un ruolo concreto, conclude Paniccia, altrimenti la destabilizzazione nel Mediterraneo non la sistemiamo più”.

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