Spritz contraffatto: Zilio (Ascom), “E’ uno sfregio alla città”

 

”E’ uno sfregio alla cultura e alla tradizione, per cui doppiamente censurabile”: il risentito commento di Fernando Zilio, presidente di Ascom Confcommercio di Padova, interpreta lo stato d’animo della citta’ di Padova, dopo la scoperta che dieci frequentatissimi bar, meta’ dei quali in centro, servivano ‘spritz’ – il tradizionale aperitivo veneto – che pero’ spritz non era. Tutta colpa di un ‘ingrediente’ contraffatto, neppure troppo abilmente.
Nella citta’ del caffe’ senza porte, lo storico Pedrocchi, e del Santo senza nome (perche’ non serve dire che e’ Sant’Antonio), lo spritz senza Aperol infatti e’ praticamente un sacrilegio. Gli uomini della Guardia di finanza si sono mossi su impulso dei tecnici della Campari, che non si spiegavano come, a fronte della vendita di centinaia di migliaia di aperitivi con base Aperol, prosecco e seltz, le vendite delle bottiglie di liquore fossero in flessione in alcuni bar. Ed hanno scoperto che lo spritz all’Aperol in alcuni esercizi aveva un colore leggermente piu’ chiaro e il gusto diverso da quello che ha reso famoso il liquore dolce estratto dai mandarini, inventato a Padova dai fratelli Barbieri nel 1919.
Il sacrilegio va a incrinare la serieta’ del rito dell’aperitivo che a Padova, da diversi anni, si celebra in particolare ogni mercoledi’ sera e nei fine settimana, anche d’inverno, quando si radunano in piazza delle Erbe e in piazza dei Signori migliaia di persone, tanto da causare a volte anche problemi di ordine pubblico. ”Al di la’ della frode in se stessa, cio’ che ravviso nel comportamento scorretto dei baristi denunciati e’ l’attacco ad una delle peculiarita’ della nostra citta”’, prosegue il presidente Confcommercio: come taroccare lo champagne a Parigi o adulterare la bustina del the delle 5 a Londra. Tant’e’ che complimenti agli uomini della Guardia di finanza sono arrivati anche dal prefetto Ennio Mario Sodano e dal sindaco Flavio Zanonato.
Entusiasti i dirigenti della Campari, la multinazionale milanese da cui Aperol dipende e che di fatto e’ parte lesa nella vicenda, i quali in una nota plaudono ”all’attivita’ della GdF che ha indagato su una vera e propria frode in commercio ai danni non solo dell’azienda, ma anche e soprattutto del consumatore finale”. ”Il nostro primo obiettivo – spiegano in una nota – e’ la piena tutela sia dei nostri clienti che del consumatore finale, per i quali ci impegniamo quotidianamente ad offrire prodotti di qualita’ unici e unici anche per gusto rispetto agli altri prodotti in commercio”.
I dieci baristi che al posto dell’Aperol usavano Aperitif, Aperbitter, Aperspritz o altri succedanei dovranno rispondere dell’accusa di aver violato l’articolo 515 del codice penale: frode in commercio, con pena fino a due anni di carcere e 2.065 euro di sanzione pecuniaria. Il costo di 800 spritz. (ANSA).