Storia di Sakib e Lamine: due richiedenti asilo che stanno cercando di costruirsi un futuro migliore a Padova

 

Lavorano spesso anche per 10 euro al giorno facendo piccoli  lavori . Sono quelle occupazioni saltuarie che persone come  Sakib Hossein, 22 anni originario del Bangladesh, trovano in una città come Padova per sbarcare in qualche modo il lunario.
I ragazzi africani e bengalesi ospiti della cooperativa Almaterra raccontano la loro permanenza in Padova e la loro “battaglia quotidiana” per l’integrazione sociale ma soprattutto economica.

E’ infatti questo il chiodo fisso di Sakib: “Io devo guadagnare soldi per aiutare la mia famiglia. Abbiamo perso tutto con il fiume che ha eroso gli argini e ha travolto le nostre case. Non abbiamo più nulla. Per questo sono scappato dal Bangladesh, con la promessa di lavorare, guadagnare soldi per comperare una casa ai miei genitori e agli altri miei fratelli e sorelle (2 femmine e 2 maschi) che ora sono ospitati da alcuni parenti. E così poi tornare nel mio paese.

Sakib ha fatto richiesta di protezione internazionale ed ora è in attesa della decisione della Commissione  provinciale che eventualmente potrà garantirla anche  sulla base delle emergenze naturali che ci sono state nel paese di origine.

Oggi vive con altri 6 connazionali in un appartamento in zona Chiesanuova gestito dalla Cooperativa Almaterra una delle 13 cooperative del Consorzio Veneto Insieme. https://www.facebook.com/almaterracooperativa/

La cooperativa è neofita sul versante dell’accoglienza ai migranti. Si è aperta a questa attività da maggio 2017 con il bando vinto dal Consorzio Veneto Insieme e da allora gestisce due appartamenti e 12 profughi in totale tra Chiesanuova appunto e Mestrino.

La cooperativa con gli educatori come Stefano Baldan, coordinatore del progetto accoglienza,  accoglie appunto, gestisce, aiuta e coordina questi ragazzi. Tutti stanno frequentando una scuola di italiano, conditio sine qua non per integrarsi e trovare lavoro.

“I  ragazzi che ospitiamo arrivano nella maggior parte dei casi in Italia  per cercare un lavoro per poter aiutare le loro famiglie, molto povere,  rimaste nel paese d’origine. Noi qui li stiamo aiutando dando loro alcuni strumenti fondamentali per poi essere autonomi nella ricerca di un lavoro: una formazione di lingua italiana (10 ore a settimana) e di educazione civica con tutte le regole fondamentali per una integrazione e interazione con la città, a partire dalla loro convivenza negli appartamenti che devono essere sempre in ordine, puliti, rispettati”

Sakib prima di arrivare nell’alloggio di Chiesanuova ha vissuto un anno e tre mesi nella base di Bagnoli, esperienza che vorrebbe dimenticare. Rispetto agli altri infatti non parla ancora l’italiano e comunichiamo solo in inglese.  “Vivevamo in stanze da 20 persone – ci racconta – non si riusciva a dormire, c’era chi ascoltava la musica ad alto volume fino a notte fonda e non spegneva mai la luce. Senza contare che erano mischiate etnie diverse e che non avevamo nulla da fare tutto il giorno se non dormire.”

Sakib ci racconta inoltre che nel suo paese cantava e suonava la chitarra, faceva parte di un gruppo di musica etnica locale. Ma alla domanda se vorrebbe mettere in piedi anche qui una band ci risponde ancora una volta che non ha tempo, che deve lavorare per guadagnare e aiutare la sua famiglia. Non ha nemmeno tempo di pensare a quelli che sono i suoi sogni.

Sogni che invece ha Lamine Soumahoro, 28 anni originario dalla Costa D’Avorio. Lui è uno dei fortunati, come si ritiene, a non aver vissuto in un hub ma subito in appartamento a Mestrino grazie alla cooperativa Almaterra. E’ arrivato in Italia 9 mesi fa, dopo un lungo viaggio attraverso l’Africa arrivando in Libia, la “porta per l’Italia” come la definiscono questi ragazzi, dove ha vissuto due mesi lavorando per sopravvivere per poi prendere il classico barcone e sbarcare in Italia.

Ha pagato 1500 euro per un viaggio che definisce pericoloso assieme ad altre 135 persone.

Oggi Lamine parla bene l’italiano tanto che sta frequentando un corso all’università finanziato dall’Ateneo stesso e destinato ad trentina di rifugiati o richiedenti protezione internazionale meritevoli, accolti all’interno di un percorso formativo personalizzato. Il progetto si chiama Cultura e Accoglienza  ed e in un secondo momento potrebbe anche trasformarsi nell’accompagnamento per l’accesso a corsi di laurea con eventuali agevolazioni economiche da concordare con gli organi di governo. ( http://www.unipd.it/cultura-accoglienza)

Lamine infatti in Costa d’Avorio ha frequentato i primi due anni di Economia all’Università locale perché voleva lavorare nel mondo della finanza. E’ poi scappato dal suo paese, ha anche combattuto la guerra civile che imperversava in Costa d’Avorio. “Molti ragazzi del mio Paese hanno combattuto la guerra sostenendo l’attuale presidente, perché eravamo convinti che lui fosse la persona ideale per portare pace e diritti nella mia terra. Ma ci sbagliavamo tutti, perché si è rilevato esattamente il contrario di quanto diceva di essere.  Oggi nel mio paese – ci spiega – sono negati di diritti civili e la libertà di espressione. Rischio la vita a tornare a casa”.

Due mesi fa infatti nonostante suo padre sia morto per una malattia, non ha potuto far ritorno al suo paese per i funerali.
Lamine in cuor suo vorrebbe tornare in Africa, dalla madre e dai suoi 5 fratelli, ma una volta garantita la libertà e i diritti civili.