Alessandro Banfi e Massimo Borghesi al centro culturale San Gaetano di Padova per parlare di scontro teologico-politico

 

altDopo il crollo delle Twin Towers a New York, l’11 settembre 2001, il “ritorno della religione” sulla scena mondiale ha coinciso con un conflitto teologico-politico che non si è ancora spento. Dall’avanzata dei settori radicali dell’Islam, alla reazione teocon, ai settori ultraortodossi in Israele, all’induismo nazionalista, il vento del “Dio degli eserciti” è chiamato ad alimentare il fuoco di identità antagoniste. Lo “scontro di civiltà” diviene uno scontro teologico-politico.
Per riflettere su questi temi l’Associazione culturale Antonio Rosmini di Padova propone l’incontro di presentazione del volume di Massimo Borghesi “Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson. La fine dell’era costantiniana”, Marietti, Genova-Milano 2013 che si terrà martedì 30 settembre alle ore 21 all’auditorium del Centro culturale Altinate
via Altinate, 71 – Padova
Intervengono
Alessandro Banfi direttore di TgCom24
Massimo Borghesi, ordinario di Filosofia morale all’Università di Perugia
Info 329-9540695 [email protected]
L’iniziativa è finanziata dall’Università di Padova sui fondi della legge 3.8.1985 n. 429 sulle iniziative culturali studentesche

«La teologia politica indica la politicizzazione della teologia», spiega Massimo Borghesi. «È cosa diversa dalla teologia della politica. Molti confondono le due cose ma questo genera solo confusione. Nella teologia della politica il rapporto tra teologia e politica non è immediato, è mediato dalla morale, dal diritto, eccetera. Non c’è identità tra i due momenti. La grazia non coincide con la natura, la città di Dio non è la civitas mundi. Per la teologia politica, al contrario, il teologico si attua attraverso il politico e il politico attraverso il teologico. Con ciò la confusione è totale e il momento teologico diviene funzionale ai poteri del mondo».
Come scrive Carl Schmitt: non c’è teologia politica se non ci sono nemici. La teologia politica, prosegue Borghesi, «porta al Dio degli eserciti, a consacrare la potenza dei popoli, non la gloria di Dio. È ciò che è accaduto, dopo l’11 settembre 2001, con l’islamismo radicale, da un lato, e la versione “teocon”, occidentalista e guerriera, dall’altro».
Per Borghesi una delle chiavi interpretative del Concilio Vaticano II è proprio il superamento della teologia politica e il ritorno alla situazione della Chiesa dei primi quattro secoli. «La “rottura” del Concilio Vaticano II non è una rottura radicale come vogliono, da opposte sponde, tanto i tradizionalisti quanto i modernisti. Il documento conciliare Dignitatis humanae, sulla libertà religiosa, abbandona la teologia politica invalsa a partire da Teodosio e recupera la tradizione dei primi quattro secoli in cui i Padri, in maniera pressoché unanime, chiedevano la libertà religiosa per tutti. Da questo punto di vista più che di fine dell’era costantiniana dovremmo parlare di fine dell’era teodosiana. L’editto di Costantino e di Licinio, del 313, rappresentò, infatti, un capolavoro di tolleranza in cui la libertà religiosa era concessa a tutti, cristiani e pagani».