Con Sara Saez dove la politica inizia con una preghiera e finisce con un ballo. Che Padova!

 

“We are here for good”. Siamo qui per il bene. A spiegarlo ieri sera nella sala di via Tonzig intitolata a Giorgio La Pira un padre di famiglia nigeriano che assieme ad una quarantina di connazionali hanno incontrato Sara Saez, cubana moglie del mio amico Massimo Amà.
I nigeriani prima di mettersi a parlare di politica hanno pregato cantando.

Hanno chiesto a me e Sara di spiegare perchè dovrebbero votare Ivo Rossi. Sara ha spiegato nella maniera più difficile, cioè con la semplicità, che “Ivo è una persona per bene, di lui ci si può fidare”.

E dopo una spiegazione del genere credo che potesse bastare come spiegazione, ed invece con una certa solennità, Mattew il nigeriano dal cognome che faccio fatica a ricordare, mi ha chiesto di spiegare loro perchè votare Ivo Rossi. “E’ il portavoce del sindaco – ha detto Mattew – dobbiamo prestare attenzione a quello che dice”. Mi veniva da ridere a pensare di essere una persona a cui bisogna dare ascolto con attenzione. Attenzione a me che appena posso scherzo. Ieri sera per 4 minuti sono stato serio. Non so se ho parlato a nome del sindaco o della città. Certo ho parlato con la testa e con il cuore e l’ho fatto in inglese, loro hanno gradito. Ho spiegato loro che secondo me non era tanto importante che loro votassero Ivo Rossi sindaco, quanto che votassero per una squadra in cui c’è Sara Saez, una donna cubana che qui a Padova con Massimo ha costruito la sua famiglia. Come io sto facendo con mia moglie Yulisa venuta a Padova da tanto lontano per starmi vicino. Che siamo tutti cittadini di Padova se siamo qui “for good/per il bene” della nostra città che è il bene dei nostri figli. E che i nostri figli si sentiranno padovani prima che figli di italiani o nigeriani o caribegni. E da ciò sta nascendo una grande energia.

I nigeriani alla fine dell’incontro hanno cantato, una canzone dedicata a Sara “vai avanti Sara, noi ti seguiamo” diceva il testo. Sara Saez forse ha dei nuovi elettori, forse abbiamo solo passato un’ora davvero bizzarra per i canoni delle liturgie della politica.

Gente che prega prima di parlare di elezioni e balla alla fine. Che Padova può venir fuori da un mix come questo? Secondo me una città di cui innamorarsi ancora di più ogni giorno. Credo che a fine mese faremo una festa al Parco d’Europa. Ci saranno Sara, Massimo e Rita, la loro figlia. “Mi piacerebbe che ci foste anche voi – ho detto ai nigeriani della sala di via Tonzig – mi piacerebbe che i nostri figli giocassero insieme”. Mi è venuto un nodo alla gola quando l’ho detto. Essere padovani per me vuol dire questo. Quel nodo era l’orgoglio di sentirsele dentro quelle parole. E non è mica merito mio. Forse quelle parole me le sento dentro perchè sono cresciuto all’Arcella, dove è morto Sant’Antonio che i padovani di 800 anni fa adottarono come il loro santo, sebbene fosse piccolo, scuro di carnagione, camminasse scalzo e non parlasse neanche tanto bene il volgare. E quando capita una cosa così in un luogo, io amo immaginare che l’eco non si spenga neanche dopo otto secoli. Quello è stato il big bang per la Padova che conosciamo oggi. Forse il fatto che io abbia visto ieri prima degli uomini e dei padri di famiglia e poi dei nigeriani, è anche merito di mio papà, che magari non ha studiato tanto, ma mi ha sempre dato delle gran lezioni in quanto ad apertura mentale verso chi viene da lontano ed a semplice generosità verso il prossimo.

Poi ci sono anche le risse in stazione certo, non sono mica cieco e stupido. Ma non capire la bellezza di “we are here for good” con un “io non sono razzista, però …” vuol dire essere ciechi e stupidi.

 

Alberto Gottardo