Dio mio quanto amo questo quartiere, e domenica sarà addirittura senz’auto. Cari padovani, vi racconto com’è l’Arcella che vivo io che ci sono nato

 

Ci sono due Padova. C’è la Padova che quando dice Arcella ci attacca nella stessa frase il termine problema. E poi ci sono quelli, come me che ci vivo, quando dicono Arcella ci attaccano la parola casa, ed anche con un po’ d’orgoglio. Ci pensavo in questi giorni in cui sto guardandomi intorno per tornare a percorrere queste vie che conosco a memoria in bicicletta. Un po’ per fare un po’ di fiato, un po’ perchè tra poco togliamo le rotelle alla biciclettina di Giulia, la grande di famiglia, ed allora sarà tempo di fare da guida a lei ed alla piccolina per le vie della città nella città.
“Ma dov’è il degrado di cui abbiamo scritto per anni”? mi diceva l’altra notte un vecchio cronista, amico di tanti anni riaccompagnandomi a casa “Sembra il quartiere di qualsiasi altra zona della città” aggiungeva mentre io sorridevo. Ed è così, se la si guarda senza preclusioni: l’Arcella è tornata un po’ alla volta il quartiere dove un papà può far giare le bimbe in bicicletta e dove la sera senti a questa stagione il profumo dei tigli assieme a quello di fritto dei kebab. Gli spacciatori ci sono, non sono mica scemo: a me fanno un po’ meno impressione quando li incontro per strada, dato che in strada a far la cronacaccia ci sono stato un discreto numero di anni. Ma mi ricordo anche che ci sono sempre stati, in questo quartiere, gli spacciatori, come anche gli sbandati, solo che magari quando eravamo ragazzini si chiamavano Damiano Nessi e Gianni Gatti e non Rachid o Mohamed.
Ed allora quelli di adesso, a chi pensa che essere buoni o cattivi sia una questione etnica, fanno un po’ più paura di quelli di allora, o forse sono solo una moneta facile da provare a spendere in campagna elettorale.

L’Arcella vivrà domenica la sua prima giornata senz’auto. A me all’inizio sembrava una stupidaggine. Ed invece più si avvicina quella domenica più mi accorgo che ha senso usare questa giornata per riflettere su quale sia la vera Arcella, se quella raccontata dai giornali, dalle tv locali pronte a raccontare il quartiere fonte di ogni male, o se sia ora di trovare una maniera per opporre a questa narrazione anche la verità di un quartiere che ha certo problemi grandi come le sue dimensioni, ma anche delle energie esplosive.
Uno dei centri di questo quartiere senza un centro, sta diventando ad esempio piazzetta Buonarroti.

Merito della cocciutaggine di Samer Gharazedine, un ragazzone alto e quadrato che ha fatto di questo luogo  la sua scommessa. Stravinta. Ha preso in mano la Pizzeria sotto casa e l’ha fatta diventare un posto bellissimo, pieno di gente. Popolare, anche nei prezzi, ci sono capitato per la prima volta lunedì 30 aprile, su invito di Pablo Rolle, cuoco che si divide tra il lavoro di giorno al bistrot Vecchiato del San Gaetano e la sera al wine bar pasticceria Le Sablon di Luca Scandaletti, un altro centro dell’Arcella, di cui magari parleremo un’altra volta. L’ultima volta in piazzetta Buonarroti ci ero stato, di sera, sei anni fa, quando facevo il cronista di cronaca nera e c’era sangue per terra, quella sera.

Lunedì 30 c’erano una sessantina di persone sedute in piazza. Sono arrivato tardi quella sera, ma la cosa mi ha impressionato. Mi sono detto “è un lunedì come un sabato, domani è il primo maggio”. E Pablo Rolle, che si chiama così perchè è nato il giorno in cui è morto Pablo Picasso, mi ha raccontato della festa che stanno organizzando un altro lunedì, lunedì prossimo, 14 maggio per fare festa assieme a quanti vivranno la domenica all’Arcella con la fine dei lavori per i nuovi murales al parco Piacentino, a due passi da piazza Buonarroti.
“Abbiamo pensato di portare in tavola i gusti del mediterraneo – spiega Pablo Rolle – e far sposare le spezie del Libano con la tradizione della mozzarella campana”.
Il risultato è entusiasmante e potrà essere gustato dai partecipanti all’iniziativa a cui aderiscono anche il Napoli club di Tencarola e la scuola di musica Gershwin che porterà in piazzetta lunedì il gruppo Joe Stray Gipsy jazz Manouche.
La formula è che con 10 euro si partecipa all’assaggio di 3 pizze più la degustazione di una birra calabrese al bergamotto. Il cellulare per prenotarsi è il 328 3668446 ma a quanto mi diceva Pablo l’altra sera è tutto straesaurito.

La serata di lunedì arriva alla fine di un weekend che nel mio cuore inizia sabato sera, il 12, quando nella sala grande della parrocchia della SS. Trinità di Padova (via Bernardi 20, zona Arcella) ci sarà la terza Edizione dell’annuale cena di beneficenza pro Siria: le associazioni no profit Amaal e Hayat Onlus – Life. Growth. Resiliency invitano i vecchi arcellani come me e i nuovi abitanti di questo pezzo di città, a condividere insieme una serata di solidarietà e amicizia gustando sapori tipici mediorientali, preparati dallo Chef libanese Mahmoud El Abed, aiutato da alcuni ragazzi siriani in accoglienza tra Bologna e Padova.
Il ricavato quest’anno è completamente destinato al sostegno della casa famiglia – orfanotrofio “Dar al Salam” di Gaziantep (Turchia), dove sono ospitati 70 bambini, profughi siriani, e 30 vedove.
In particolare si vuole sostenere il progetto di rieducazione post-traumatica e aiuto scolastico (con insegnanti di sostegno per corsi scolastici pomeridiani) per i piccoli ospiti della casa.
Il menù è tipicamente siriano, semplificato per bambini.
Anche qui pare che i posti siano andati esauriti, ma se qualcuno vuole provare qui sotto ci sono le info minime della serata.
Per informazioni e prenotazioni: [email protected]  320 7918818

Insomma sabato sera c’è la cena per la Siria, domenica un quartiere senza auto ma con moltissimi eventi tra piazza Azzurri d’Italia e piazzetta Buonarroti dove lunedì un quarantenne libanese da vent’anni all’Arcella, fa festa con gli amici vecchi e nuovi di questo quartiere che è più di un pezzo di Padova. E’ un pezzo di mondo. Ed io mi ci trovo proprio benissimo, in questo mondo in cui ci si sorride senza neanche conoscersi proprio proprio bene, ci si siede al tavolo di un bar, tra un ragazzo col Bobtail a fianco, e una coppia con lei, italiana haitiana d’origine che allatta la bambina, e lui italiano che si gira una sigaretta tra le dita grosse come un asparago, pescando il tabacco dal palmo della mano callosa come quella di chi si suda tutti i giorni un futuro migliore. Io amo questa Padova, la nuova Padova, dove c’è spazio per ragionare del noi oltre gli egoismi, le diffidenze e i muri del secolo scorso. Perchè insomma il nuovo millennio è iniziato da un bel pezzo, e noi ce ne siamo accorti.

Alberto Gottardo