Ferdinando Avarino, giornalista padovano, racconta il reportage in Libano

 

Il giornalista padovano Ferdinando Avarino, in “missione” in Libano embedded con le truppe di pace italiane, racconta la sua esperienza in Libano. Qui di seguito il racconto della giornata di sabato tratto da http://castagnesullacarta.splinder.com/

Oggi ho imparato che tamponare un mezzo Unifil, per i libanesi, può rappresentare un affare d’oro!! Giornata meravigliosa. Ho visto perfino il mare del Libano, finalmente. I ragazzi sono straordinari. Li stimo perchè impongono restrizioni e temono quello che il giornalista può fare, stupidamente, lasciandosi prendere dalla mano di un non-esperto. Li stimo perchè cercano di accontentare le nostre richieste, comprendono le esigenze tv e provano a venirci incontro. Noi, invece, portiamo massimo rispetto per il loro straordinario sforzo. Un programma cotto a puntino, che oggi ci ha portato sino in riva al mare. Altra base e altra storia. Mi sembra di essere nella baia di Letojanni, che amo più di ogni altro posto. Il mare che conosco da quando sono nato, in Sicilia. Ma mentre il vento investe il mio viso, quella che ho alla mia destra non è Taormina ma Tiro. Qui la chiamano Sur, il nome in libanese. Incontriamo uomini straordinari. Sono ragazzi che hanno alle spalle una preparazione invidiabile. Esperienze che sino ad ora immaginavo solo nei grandi film all’americana, fatti di gradi, camerate e mezzi blindati.

Guardo il mare e penso che finalmente la polvere non arriva a rivestire i miei piedi. Qui il lavoro è stato lungo. Appena due anni fa c’era solo un parcheggio. Adesso, questa base, sta preparando le tettoie per i parcheggi. Risultato: lusso estremo. Vuol dire ottimo lavoro ed espansione invidiabile per un sito simile. Il mare è davanti ai miei occhi. Un panorama da strozzare il fiato. Ma a goderselo solo qualche pescatore e pochi libanesi che all’alba del 6 dicembre ancora fanno il bagno. Oggi ci saranno 24 gradi. Che sogno. Dicevo gli eroi dal bsco blu. Questi ragazzi, che hanno visto fischiare sopra le proprie orecchie i proiettili in Iraq e hanno vissuto le tensioni del “primo Libano, (loro chiamano così gli inizi della missione Leonte), hanno un ruolo fondamentale.Sono i gendarmi della pace. Ogni giorno pattugliano quella che ormai è universalmente chiamata la Blue Line. La linea di confine tra Libano e Israele, per decenni teorica e solo ora tornata ad essere tracciata. Dopo il ritiro delle truppe di Gerusalemme si è cominciato un lungo percorso diplomatico. Per la prima volta allo stesso tavolo si sono seduti Libano, Israele e Unifil. Già questo è stato per il mondo intero un successo. Poi, hanno cominciato la posa dei bidoni blu, per volgarizzare. Immaginate delle grandi boe di colore azzurro. Partono dalla costa, a pochi metri dal mare e camminano per decine di chilometri. Tracciano i confini. Di qua il Libano, di là Israele. L’esercito della stella di David controlla, monitora e studia. Niente sfugge a loro. I più avanzati sulla faccia della terra, forse anche rispetto agli Stati Uniti.Mi consigliano di lasciare il cellulare in stanza. Noi cammineremo a pochi metri dal confine, solcheremo la Blue Line. E per chi sta qui, può significare intercettazione sicura. Si racconta di telefonini impazziti. Di software azzerati, di cellulari inutilizzabili, dopo essere stati qui. Non so se realmente Israele si spinga a tanto, ma per precauzione mi attengo ai suggerimenti di chi sa come ci si deve comportare. Qui, tra l’altro, riprese e foto sono vietatissime. Ad appena cento passi da me, però, c’è la Galilea. Terra di Gesù. E’ una grande emozione, anche se a darci il benvenuto c’è un grosso Hummer che non ha niente di tanto raccomandabile. Presto dobbiamo lasciare l’aria di mare. Dietro di noi le blindo Centauro. Come sono grandi. Le ho anche visitate all’interno, un’emozione incredibile. Penso a questi ragazzi che ci passano ore, all’interno di questi bestioni. In posizioni innaturali, sotto pressione e con i livelli di attenzione al massimo.Mentre attraversiamo i saliscendi del Libano del Sud sappiamo come comportarci. Ormai in pochi secondi indossiamo i giubbotti antiproiettile. La precauzione non è mai abbastanza. Il caporale scelto mi aiuta. Ogni volta quello strappo che si deve ancorare alla vita è il mio tallone di Achille. Spesso non lo sistemo nemmeno per fare prima.
Incontriamo i bimbi che si fanno curare dai medici italiani. E’ un’esperienza meravigliosa. C’è un piccolo, scuro in volto e in braccio alla sua mamma con velo. Ha la lacrimuccia. Proprio non ne vuole sapere di aver davanti quel signore che ogni tanto gli fa la punturina. Piange. Ma il medico gli parla, al suo fianco l’interprete traduce. Il piccolo intanto si rigira tra le mani un peluche mentre il tenente-dottore gli fa una carezza e si scioglie in un sorriso. I suoi occhi azzurri dietro due occhiali da intellettuale lo rassicurano e il bimbo si fa visitare. Con lo stetoscopio si ausculta il cuoricino. Poi la magliettina coperta da una semplice felpa blu un pò consumata sale, per il classico 33 sulla schiena. Tutto ok. può andare. E’ il medical center, uno dei punti strategici per il contatto e l’aiuto alla popolazione. Come sempre si tratta di zone in cui Hezbollah la fa da padrone. Quindi razzi, bombardamenti e forze speciali qui in passato hanno cancellato abitazioni intere. Bombardato obbiettivi sensibili. Ucciso molte persone.  Ora devono rinascere. E con la carezza e il sorriso degli italiani in missione tutto questo è come un rigo nella scrittura di una nuova pagina. Una parola al giorno per un dialogo ormai aperto. Siamo stanchi, i ritmi sono allucinanti, ma non vorresti mai dire basta. Uscendo dal comune del piccolo centro a pochi chilometri dal mare c’è quello che resta di un’ambulanza. Forse distrutta durante i bombadramenti, o semplicemente lasciata deperire per incuria o pazzia dei conducenti. Qui chi sta alla guida, come già detto, non rispetta neanche le regole minime del codice della strada. Semplicemente perchè qui non esiste.E lo scopriamo presto. In curva, per tornare a casa. Un’auto supera il nostro mezzo di scorta, un grosso Puma. Stringe e tocca con la fiancata dietro l’enorme ruota del blindato.Tutti fermi, bisogna chiamare la Laf, (militari libanesi) e la military police. Già, c’è da fare la constatazione amichevole tra un’utilitaria e un blindato. Che ridere!!

Eppure capita spesso, Qui guidano come pazzi e ci vanno di  mezzo i ragazzi preparati che tengono i comandi dei mezzi. Pochi istanti e il panorama che ogni sera prende il colore di un gelato amarena con la panna montata, lascia spazio al buio. Quando ci sono tamponamenti simili la popolazione finisce col chiedere soldi per chiudere l’affare. Senza complicazioni. Impossibile. Bisogna procedere con la burocrazia, senza calcare la mano per non urtare la convivenza. Passano pochi minuti e chi deve sapere che siamo fermi qui e che è successo quello che è successo, lo sa già. Non parlo certo della sala operativa all’altro capo della radio… A volte si chiude un occhio e si dà ragione a libanesi. Per quieto vivere e per sancire la generosità di chi è qui per garantire la pace. Anche un tamponamento in strada, spesso, può essere un affare.

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