Gianluca Gaudenzio parla di integrazione a Padova

 

Da Gianluca Gaudenzio riceviamo e pubblichiamo una riflessione sulla questione rumena:
In questi giorni anche a Padova due casi di cronaca ripropongono la centralità della cosiddetta “questione romena”. Il primo riguarda un tentativo di stupro ad opera di due romeni, sventato dall’intervento del fidanzato della vittima  nei pressi della stazione ferroviaria. Il secondo è  l’assoluzione di Gabriel Barbuta, 33enne accusato di aver ucciso un uomo a Due Carrare,  per il quale il pm aveva chiesto l’ergastolo. Casi lontani fra di loro, ma che, dalla voce dei media, sembrano confezionati ad arte per nutrire due opposte ideologie. Due ideologie che, senza strumentalizzare fatti come questi, non saprebbero come sopravvivere.
Da una parte vi è l’atteggiamento razzista, per cui i romeni fanno notizia solo se delinquono e sono “cattivi” sempre e comunque.
Dall’altra vi è l’atteggiamento di chi di fronte alla povertà usa solo la solidarietà, per cui il povero, nella fattispecie il romeno, può essere scusato. Nulla di più sbagliato e lontano dalla verità: a Padova e provincia ci sono 20.000 romeni perfettamente integrati, che pagano le tasse, costruiscono le nostre strade, accudiscono i nostri malati, vivono con noi e per noi.
Oltre a questi c’è un numero indefinito di loro connazionali che vuole integrarsi.
E poi, un numero minore, ma drammaticamente consistente, di romeni che non ha nessun rispetto delle leggi: alcuni perseverano perché credono che i criminali in Italia sono impuniti, non certo per ragioni di sangue; molti raggiungono le nostre città, non si integrano e giungono a delinquere.Non bisogna negare questa realtà: occorre prenderne atto, combattere le cause del disagio e reprimere con forza ogni illecito. Solo mettendo insieme risposte diverse si dà soluzione ad un problema complesso: di certo non mettendo la testa sotto la sabbia come qualche fa qualche esponente della destra.

Non serve a nulla negare questa realtà perché non esime la società civile dal sentirsi ferita. Né la solleva dal dovere di mettersi in gioco per evitare – non con le ronde, ma con l’accoglienza – che fatti come quelli di questi giorni si ripetano. Per il bene di tutti. Italiani e Romeni.
Perché nessuno, in nessuna società, può compiacersi del suo essere onesto se non sa accogliere, integrare e anche punire chi se lo merita. Nessuna società è sana, se non sa accogliere chi la nutre. Un muratore romeno un giorno ci diceva: “Volete che i romeni non vadano a ubriacarsi? Dateci un campo per giocare a calcio. Dopo una partita con me, non avranno che la forza di andare a dormire.” Con lui, una volta alla settimana, giocano tanti ragazzi nel campo del quartiere Forcellini.
 
Un altro si lamentava dal fatto che la chiesa concessa dal vescovo per la celebrazione della messa non ha parcheggio – si tratta della chiesa in via beato pellegrino, sempre piena la domenica.
Queste le esigenze da cui ripartire, per unire la società, senza mai fare un passo indietro di fronte alla necessità di punire ogni atto criminale. Così vogliamo “continuare a trasformare la città”. Non con le ronde. Né col solidarismo sfrenato. Ma garantendo uno spazio alle mani callose di chi ogni giorno lavora al nostro fianco o in nostro favore per costruire una società che fatica a dargli delle risposte. Risposte vere.  Non di pancia. Né di comodo.

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