Giorgio Santini non ti preoccupare dell’ira funesta del primo (e ultimo) dei renzianin doc

 

altNon so se la candidatura di Giorgio Santini sta agitando le acque del Pd padovano. Certo alcuni si agitano su facebook. In particolare Filippo Rizzato, nome che dirà qualcosa a chi segue attentamente, ma davvero attentamente, le vicende politiche interne ai partiti a Padova. Brandendo la bandiera del renzismo, tacciando l’ex sindacalista Rizzato accusa Santini nell’ordine di:
a) non aver partecipato alle primarie e anzi aver rubato il posto a chi le primarie le aveva fatte;
b) essere stato in odore di candidatura con Scelta civica;
c) essere un ex sindacalista. Tutti argomenti con un certo fondamento, specie l’ultimo. Peccato che a ben guardare nemmeno il premier Matteo Renzi ha partecipato alle ultime elezioni, eppure è premier.

Il renziano doc Filippo Rizzato, quello che aveva messo in piedi una campagna comunicativa e stampa degna di un candidato sindaco, quello che ha portato a casa questo risultato (scorrete la lista, non è in ordine alfabetico onfatti ad esempio Zampieri è secondo, Rizzato un bel po’ più in giù) attacca Santini nell’unico momento della sua carriera politica in cui fa una cosa davvero renzianissima.
Scrive Rizzato sul suo profilo facebook:
se Giorgio Santini sarà il candidato governatore del Partito Democratico in Veneto, non lo voterò e non lo farò votare. La Rivoluzione renziana non può essere fatta da chi continuamente in parlamento propone emendamenti alle proposte di riforma renziane, da chi è in Parlamento in quota PD senza aver fatto le primarie e avendo rubato il posto a chi le primarie le aveva fatte e vinte e soprattutto non da chi doveva essere il capolista di scelta civica e che solo all’ultimo è entrato nelle liste del PD, non per credo politico ma per convenienza personale. Un ex-sindacalista, senza nulla volere contro la persona e le sue capacità, in Veneto possiede un appeal pari a zero. Se vogliamo perdere in modo clamoroso e raggiungere il minimo storico in Veneto proiettando Zaia ben oltre il 70% già al primo turno allora Giorgio Santini è il candidato ideale. Naturalmente dopo le scelte su Padova città e provincia potrebbe essere verosimile anche questa, che auspico, sia solo una boutade giornalistica.
Va chiarito, a Rizzato e agli altri, che non esiste il primo turno alle regionali: si vota una volta sola e vince chi prende un voto in più. A Giorgio Santini viene contestato un peccato orrendo: aver voglia di mettersi in gioco alle primarie del Pd. Proprio quello che un renziano dovrebbe augurarsi.
“Non lo voterò e non lo farò votare” minaccia (Indi)Rizzato. Pazienza Giorgio, rischi di avere ben 164 voti in meno.
Qui sotto riportiamo l’intervista rilasciata dal senatore Giorgio Santini al giornalista del Corriere del Veneto Marco De’ Francesco
«Io ci sono». La mette così il senatore del Pd Giorgio Santini da Marostica, in vista delle elezioni regionali. Dice, il senatore, che ha un progetto in mente. Per il Ven to. «Pertanto – continua – metto a disposizione le mie competenze, la mia esperienza. Poi è chiaro che sceglie il partito».
Appunto: ma come e quando sceglierà il suo candidato?

«Il percorso è tracciato: il Pd, com’è noto, ha la tradizione delle primarie. Si tratta di utilizzare questo strumento di selezione con una veloce procedura ad hoc. D’altra parte, se in altre regioni si è deciso di farle a novembre, le primarie, perché da noi no? Comunque sia, la selezione non va fatta sul nome, ma sul contenuto programmatico, in vista del cambiamento inaugurato dal governo Renzo».
E chiunque uscirà vincitore dalla competizione interna al Pd, dovrà vedersela con Luca Zaia, il leghista attuale governatore che gode, secondo i sondaggi, di consenso popolare.
«Ma io ho un mio progetto per la Regione. Che non punta sull’indipendenza del Veneto, irrealizzabile, ma su una autonomia differenziata e responsabile».
Di cosa si tratta?
«Con la riforma della Costituzione e del titolo quinto la Regione nei prossimi anni potrà esercitare, sulla base di un accordo con lo Stato, piena autonomia su importanti materie ora di esclusiva competenza statale. Come la scuola, l’Università, la ricerca, l’ambiente, il turismo. La condizione per chiedere questi poteri allo Stato è il rispetto dei costi standard (e cioè predeterminati in relazione a obiettivi di efficienza, per Santini, sono in via di definizione, ndr). Ma il Veneto è virtuoso, non ha problemi di questo genere».
Gli altri argomenti forti del suo progetto? «Il superamento del patto di stabilità interno (un freno di origine comunitaria all’indebitamento netto della pubblica amministrazione, ndr). Si potrà chiedere allo Stato e, superando la frammentazione dei Comuni, aggregando le partecipate nonché rispettando i

costi standard, lo Stato non potrà dire di no. La Regione dovrebbe farsi garante di questo processo, negoziando con lo Stato. Quanto al residuo fiscale, la differenza tra tutte le entrate che le amministrazioni pubbliche prelevano da un determinato territorio e le risorse che in quel territorio vengono spese. Ci sarà sempre: lo prevede la Costituzione, all’articolo 119».
Cosa dice dei suoi colleghi di partito papabili per lo scranno regionale, cioè Roger De Menech, Laura Puppato, AlessandraMoretti?
«Il Pd in Veneto ha una missione: diventare il motore di una rivoluzione renziana nel cuore del Nord Est e il perno di una nuova alleanza per il cambiamento, in grado di rispondere concretamente a aspettative, speranze e sofferenze di famiglie, lavoratori, imprese e disoccupati. La nostra regione deve uscire il prima possibile da una lunga fase di stagnazione propositiva, amministrativa e gestionale che ha caratterizzato l’in-azione della giunta Zaffa, all’ombra della quale si sono consolidate illegalità, clientele e corruzione come ci ricorda la triste vicenda del Mose. La prima esigenza è dunque una trasparenza assoluta nella gestione pubblica, senza guardare in faccia nessuno. Palazzo Balbi non può, né deve essere il palazzo del potere di pochi, ma una casa di cristallo aperta a tutti». Un giudizio su Zaia? «Onestamente, ha fatto pochi errori; ma è anche vero che non ha fatto molto».