La canapa light non è una droga: ecco perché

 

La cannabis che contiene una concentrazione di THC inferiore allo 0.5 per cento non può essere considerata una droga, dal momento che tale prodotto non genera reali effetti stupefacenti. La cannabis light, in sostanza, può essere paragonata a una forte camomilla, ma è addirittura meno potente rispetto a un normale sonnifero. Non è un caso che negli Stati Uniti in presenza di un livello di THC più basso dello 0.5 per cento non si parli di marijuana ma di canapa, vale a dire una fibra tessile che non viene impiegata con finalità ricreative e non potrebbe neppure essere utilizzata a tale scopo. In sintesi: la concentrazione di THC che caratterizza la marijuana che genera effetti stupefacenti è molto più elevata.

Le ricerche scientifiche

Nello Stato di Washington, negli Usa, la cannabis legale è canapa che viene considerata una droga leggera in quanto è destinata a un uso ricreativo. Tuttavia, la concentrazione di THC che si riscontra nella sostanza che viene messa in commercio in questo Stato va da un minimo del 17.7 per cento a un massimo superiore al 23 per cento: in pratica, almeno 35 volte in più rispetto alla canapa light.

La legalizzazione della cannabis light in Italia

Lo scorso 16 dicembre Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato in quota Forza Italia, ha ritenuto non ammissibile il sub-emendamento che era stato presentato per legalizzare la cannabis light. Esso aveva già ricevuto l’approvazione della commissione Bilancio, ed è per questo motivo che la decisione della guida di Palazzo Madama è stata fonte di numerose discussioni. Tale presa di posizione è stata accolta con sollievo da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega, cioè le opposizioni di centrodestra. Matteo Salvini ha parlato di uno Stato spacciatore e di droga di Stato.

Cosa ne pensa la maggioranza

Secondo le forze di governo, cioè il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, quella assunta dalla presidente del Senato è stata una decisione politica che non può essere ritenuta imparziale, per di più tale da mettere in crisi un rilevante settore economico che già esiste. L’emendamento oggetto di dibattito è stato sottoscritto da numerosi senatori del Movimento 5 Stelle e permette di definire la cannabis light per esclusione. Si stabilisce, in sostanza, che la cannabis nel DPR 309 del 1990 (cioè il testo unico in materia di stupefacenti) debba essere ritenuta una sostanza stupefacente unicamente nel caso in cui la concentrazione di THC sia oltre lo 0.5 per cento.

La cannabis light non è stupefacente

Qualora la soglia in questione non venga superata, si può parlare di cannabis light, una sostanza non stupefacente. Va detto che lo scopo di tale emendamento era quello di mettere una pezza ai vuoti dovuti alle leggi precedenti, grazie a cui era nato ed era cresciuto il commercio di cannabis light nel nostro Paese. Tali vuoti erano stati messi in evidenza dalla sentenza n. 30475 del 10 luglio del 2019 della Cassazione, che in ogni caso non era intervenuta sulla legge in modo diretto.

Il settore tra presente e futuro

Le attività commerciali che vengono la canapa depotenziata per il momento possono continuare a farlo, ma vivono in una situazione di continua attesa e incertezza. Dal momento che non esiste una soglia di THC indicata dalla legge, tocca al giudice decidere ogni volta se i prodotti messi in vendita hanno una efficacia drogante. Tutto ciò deriva proprio dal fatto che l’emendamento che avrebbe potuto fare chiarezza e rimediare alle falle precedenti è stato bocciato.