L’assessore, pardòn, l’assessora va a Torino a studiare le “case di quartiere”

 

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa relativo all’assessora dal nome non meglio specificato (dicono per par condicio referendaria), di ritorno da una visita a Torino ad una “casa” di quartiere.
Sabato scorso l’assessora
ai Servizi Sociali e alla Partecipazione del Comune di Padova ha visitato la Casa di Quartiere San Salvario a Torino, accompagnata da Roberto Arnaudo, il responsabile della Casa.
L
e Case di Quartiere sono un laboratorio per la progettazione e la realizzazione di attività sociali e culturali che coinvolge associazioni, cittadini, operatori artistici e culturali; uno spazio aperto e multiculturale, luogo di incrocio, di incontro e di scambio di attività e persone.

L’esperienza nasce alla fine degli anni ‘90, dalle proposte di programmazione e attuazione di politiche urbane innovative e dagli stimoli delle istituzioni europee che spingevano le città a adottare approcci nuovi, con l’obiettivo di elevare alla qualità dell’abitare e insieme rinsaldare il rapporto tra amministrazione e territori, mediante il coinvolgimento diretto degli abitanti e l’attivazione di relazioni sociali.
Nel 2007 nasce la prima casa di quartiere, in una zona periferica. Negli anni seguenti si sono sviluppate esperienze simili in altri quartieri, attraverso percorsi e storie diverse ma con dei punti in comune: spazi ad uso pubblico che superano le politiche settoriali e lavorano insieme ai cittadini per mettere in comunicazione centri e periferie, riqualificati grazie alla collaborazione tra istituzioni pubbliche, fondazioni bancarie, imprese sociali, associazioni e cittadini, luoghi che diventano spazi per la cittadinanza.
Oggi le case di quartiere di Torino sono otto, per le nove circoscrizioni della città, con 400 mila passaggi l’anno, e hanno costituito la rete delle Case di Quartiere, che fa parte della Rete nazionale per la Prossimità.
Le case di quartiere oggi sono case di tutti e sede di nessuno: luoghi in cui le associazioni convivono condividendo spazi e contaminandosi.

«Era sabato mattina e la casa brulicava di famiglie, bambini, anziani e ragazzi – racconta l’assessora – Ci si va per bere un caffè, per leggere, per chiacchierare, per le feste di compleanno, per imparare a ballare, a suonare, a cantare, per stare assieme. Ci sono anche degli sportelli sociali e legali che offrono servizi utili agli abitanti del quartiere. Lì abbiamo discusso del processo che ha portato alla nascita e alla messa in rete delle Case cercando di focalizzarci sui bisogni cui provava a rispondere un’esperienza di questo tipo».


La giornata è stata occasione di confronto
sul tema della partecipazione nella costruzione spazi e percorsi per la cultura, l’educazione permanente e la cittadinanza attiva, oltre che sulle professionalità coinvolte nella costruzione della città policentrica: «Vedere di persona questi luoghi mi ha fatto tornare a casa con nuove idee e grandi stimoli – conclude l’assessora – Voglio riunire gli assessorati interessati e le realtà competenti, costruire con loro un piano di lavoro per avviare anche nella nostra città un’esperienza finora unica come quella torinese. Costruendo le giuste sinergie e partendo da un’analisi del contesto lavoreremo per realizzare questo importante e trasversale punto del programma».