Notte bianca e rossa 2016 a Torreglia: una edizione che conferma la qualità straordinaria della ristorazione euganea

 

La formula anche quest’anno è stata la stessa di sempre: arrivare a Torreglia e lasciarsi, letteralmente, trasportare sulle strade del gusto. La notte bianca e rossa 2016 è partita lenta, ma ha raggiunto in una serata perfetta climaticamente parlando, i numeri dello scorso anno. I ristoranti che si sono prestati al “gioco” erano 12 (clicca qui per vedere i menù che hanno offerto).
Io personalmente sono andato sul sicuro con un tris di ristoratori che nel tempo sono diventate anche persone amiche.
E così ho iniziato il giro da Fabio Legnaro, che con la famiglia gestisce l’antica trattoria Ballotta, probabilmente uno dei ristoranti più antichi d’Italia visto che ha già celebrato i 500 anni consecutivi di attività, fondata nel 1605: per capirci quando Caravaggio dipingeva il suo San Girolamo, da Ballotta facevano già i bolliti.
Venerdì sera però è stata la volta dell’aperitivo con un interessante abbinamento al calice: un serprino dell’azienda agricola biologica San Nazario di Vo’ che sapeva davvero di buono e genuino.
Fabio Legnaro ha messo nel piatto quattro stuzzichini. L’ormai arcinoto steccodè, un mini hamburgher, una pizzetta e una divertente polpettina di coda di rospo su calice di fiore di zucca fritti entrambi ed infilzati alla maniera dei più robusti spuncioni.
Un’altra sorpresa è arrivata all’enoteca San Daniele dove Serafino e Michela hanno potuto quest’anno dedicare più tempo all’accoglienza degli ospiti dato che ormai la brigata di cucina Baù è saldamente nelle mani, esperte nonostante la giovane età di chef Alberto, che si sta facendo le ossa in un cinque stelle lusso di Venezia. In sala c’erano Giacomo e Matteo Baù a servire due tipi di spezzatino inframmezzati da un argine di polenta bianca. A destra lo spezzatino di cinghiale, dall’altra quello di musso. Entrambi preparati dalla regina della cucina dell’enoteca San Daniele: nonna, anzi bisnonna Zuma. Una cuoca con quasi settant’anni di esperienza in cucina, che tramanda ai nipoti i segreti di una cucina che affonda i propri saperi e sapori nella civiltà contadina euganea. Il vino lo proponeva l’azienda vitivinicola Villa Sceriman di Vo’ euganeo con un calice di merlot davvero ottimo. 
E poi nella mia personalissima rotta del gusto c’è stato l’irrinunciabile bollito da Taparo. Lingua salmistrata quel tanto che basta, un cren che pizzica ma non fa lacrimare, un girello bollito come dio comanda e due rondelle di un cotechino macinato fino, ma non troppo da cancellare le morbide cotiche. Il tutto servito nella depandance del ristorante: un elegante ed accogliente ambiente di legno imbiancato di fresco. Bravi Nicola Lionello e la sua squadra, che sanno sempre innovare senza fare sgarbi alla tradizione di un locale che si conferma al top. Certo non sono andato dall’altro Lionello, Giuliano, al Pirio da Giona a godermi il più bel panorama dei colli Euganei e i dolci che più buoni non si può. Ho saltato le pappardelle all’oca della Griglia sempre a San Daniele. Mi sono perso il baccalà alla vicentina de La Cantinetta (amici esperti me lo definiscono “eccezionale”) e non sono andato ancora in tanti altri posti dove il mio cuore avrebbe voluto. Ma vabbè che si vive una volta sola, ma vorrei farlo ancora a lungo, e non posso fermarmi in dodici ristoranti in una notte sola. La prossima volta, se nonna Zuma me lo permette, cambio giro. Perchè sono sicuro, ci saranno altre notti bianche e rosse. Un appello agli amici delle tavole tauriliane: fate il weekend bianco e rosso, così a quattro a quattro veniamo a salutarvi tutti!.

Alberto Gottardo