Padova come l’Africa? Io, signor sindaco, mi vergognerei che Padova fosse come Cittadella e le spiego perchè

 

“Vedete, io non mi vergogno di abitare a Cittadella. E rivendico l’intenzione di esportare il modello Cittadella. Perché lì sembra di essere in Svizzera. In alcune zone di Padova, invece, sembra di essere in Africa”. Con queste parole, il sindaco Massimo Bitonci ha benedetto lo stop alle nuove aperture di kebabbari nel centro storico della città.
Scrive così Davide D’Attino sul Corriere del Veneto di oggi dando conto della visione profonda della politica di Massimo Bitonci. fare di Padova un paese di provincia.
Ebbene signor sindaco io mi vergognerei di vivere in una Padova diventata come Cittadella, come la immagina lei, e le spiego perchè.
Mio padre all’inizio degli anni ’60 in Svizzera c’è stato e nel paese dove si trovava ogni sera la polizia effettuava controlli nei confronti degli italiani. Negozi affiggevano cartelli “qui non entrano cani e italiani”. Mio padre mi racconta sempre come in Svizzera guadagnasse molto di più che in Italia. Eppure ha scelto di tornare. “Perchè non volevo che i miei figli crescessero in una società che trattava i deboli come venivo trattato io che ero italiano” mi spiega sempre mio padre. Ecco, io mi vergognerei di diventare un posto, leggo i giornali degli ultimi giorni, in cui un cieco viene aggredito da un pitbull aizzatogli contro nel parcheggio di un supermercato, senza che nessuno intervenga. Io mi vergognerei, signor sindaco, se lei per “essere come la Svizzera” significasse allontanare da Padova tutte le persone che non sono cresciute a poenta e osei, come lascerebbe, nelle intenzioni, intendere la sua ultima ordinanza approvata dal consiglio comunale. Perchè, signor sindaco che abita a Cittadella orgogliosamente, noi siamo la città che ha fatto vivere a Galileo Galiei i migliori vent’anni della sua vita. Siamo una città che ha accolto a inizio secolo un sacco di profughi: gli armeni come gli avi di Antonia Arslan. In una città come questa, durante i bombardamenti alleati, mio nonno si è fatto 40 giorni di prigionia a palazzo Giusti, perchè ha nascosto un pilota neozelandese. Vedendolo scendere col paracadute sui suoi campi, Cesare Gottardo, quinta elementare, ma anche due guerre combattute nel suo curriculum di vita, ha pensato “quello a casa ha una famiglia come la mia”. E lo ha nascosto, pagando con 5 settimane di torture, quel gesto di profonda umanità. Ora noi rischiamo di passare per una città in cui i cittadii guardano con sospetto chi proviene da un’altro Paese, parla un’altra lingua o professa un’altra religione. Io mi vergogno, signor sindaco perchè Padova è stata fondata da un profugo, almeno così lo hanno immaginato i padovani, richiamandosi al mito di Antenore, e hanno deciso, alla fine del medioevo di adottare nel loro cuore un frate portoghese, basso e scuro, che sferzava la cupidigia e la durezza di cuore dei padovani che all’epoca incarceravano i poveri a palazzo delle Debite. Guardi signor sindaco, lei dice che “i padovani sono con me” e forse ha anche ragione: ha saputo interpretare al meglio il peggio dei miei concittadini. Lei attraverso i suoi più stretti collaboratori ha perseguitato sul piano personale e professionale me ed altre persone che hanno avuto il coraggio di opporsi pubblicamente alla malvagità insita nelle sue ordinanze che grondano razzismo e malvagità verso il prossimo. Sappia che tutto ciò non mi scalfisce: mio nonno è tornato a casa dopo il “trattamento” di fascisti peggiori di lei con la schiena dritta, sorridendo con otto denti in meno in bocca. Io la prossima volta che la incontrerò sorriderò. Lei come già accaduto, farà finta di non vedermi. Tanto mi basta per pensare di avere già vinto. Perchè so, e glielo dico oggi che un altro come lei trionfa oltreoceano, che la sua sconfitta è vicina. E un giorno potrò raccontare alle mie figlie, che anch’io come mio nonno e come mio padre, ho scelto la strada che sembrava più difficile: quella dell’umanità.

Alberto Gottardo