Paolo “Dag” Dussich, angelo padovano porta aiuti tra le macerie di Haiti

 

“Finalmente ci siamo”. Ad annunciarlo è Paolo Dussich, più conosciuto a Padova con il soprannome di Dag, quando faceva parte dei Leoni della Nord, da anni residente a Santo Domingo, dove è presidente del Com.it.es. “Dag” ha attivato una raccolta e distribuzione di aiuti umanitari che, in collaborazione con la Fenalc e con la Protezione Civile del comune veronese di San Giovanni Lupatoto sono arrivati dall’Italia ad Haiti dopo mille peripezie doganali.  Sabato ad Haiti con una delegazione dei rappresentanti comunitari in loco Dussich prenderà in mano la situazione e finalmente quel popolo potrà utilizzare quanto raccolto dagli italiani.
Una storia finalmente a lieto fine che racconteremo nel numero dell’Uovo di Colobo in preparazione per inizio luglio.
Per scaricare il numero di giugno de l’Uovo di Colombo in cui è raccontata la missione di Paolo Dussiche ed altri amici italiani ad Haiti  clicca qui

Qui di seguito il racconto della prima missione dei volontari capeggiati dal padovano Paolo “Dag” Dussich in terra di Haiti nell’immediatezza del terremoto:
“L’ultimo venerdì mattina di marzo un’auto è partita da Boca Chica: dentro c’erano Gianni Prudenza e Paolo Dussich. La loro però non era una gita verso una spiaggia fuori mano alla scoperta di un “buen retiro”. Hanno puntato l’auto verso Jimanì, città di frontiera che si raggiunge passando per Baní, Azua e Barahona percorrendo la costa sud della Republica Dominicana. I nostri tre connazionali sono andati ad Haiti, con il bagagliaio dell’auto pieno di vestiti e viveri. Ed in testa il compito di organizzare l’arrivo di un container che dalla provincia di Verona è in viaggio per la martoriata patria degli haitiani.
“Siamo arrivati a Jimaní alle 7 di sera – racconta Gianni Prudenza – ed abbiamo preso contatto con Lelys, nostro autista-guida-interprete (da quelle parti non fa mai male). Dopo una cena ed una notte che definire spartana è eufemistico siamo ripartiti alle 8, passando la frontiera ed entrando nel luogo da cui molti sognano di fuggire. Avevamo un compito: preparare la strada per un intero container stipato del frutto della buona volontà dei volontari della Protezione Civile di San Giovanni Lupatoto in provincia di Verona e la Fe.Na.L.C. (Federazione Nazionale Liberi Circoli) rappresentati dall’amico Luciano Tedeschi, padre di Fabio, della DIV, Distribuidora Italiana de Vinos di Santo Domingo. Cibo e beni di prima necessità sono destinati agli infelici sopravvissuti del terremoto del 12 gennaio”.

Assieme a Gianni Prudenza e Paolo Dussich nell’auto con l’autista “fronterizo” c’è anche Livio Franzoni , un imprenditore bresciano che ha ad Haiti del macchinario per il movimento terra che sta costruendo una centrale elettrica a Port-Au-Prince.
Lungo il percorso dal valico di Mal Paso a Port-Au-Prince, o meglio detto all’italiana Porto Principe, sulla strada camion portacontainer e i tipici mezzi di trasporto haitiani multicolori, come li chiamano loro Le Tap Tap, stracarichi di gente e di animali domestici penzolanti dai tettucci, alla nostra destro l’Etang Saumatre, l’enorme lago salato.
“Avvicinandoci alla capitale – continua Prudenza – si cominciano a vedere piccole costruzioni crollate, tendopoli multicolori di terremotati ed automezzi delle Nazioni Unite coi soldati dai Caschi blu di tante nazioni: Giapponesi, Peruviani, Nepalesi, Cinesi, Cubani, Brasiliani e tanti altri. Abbiamo incrociato anche una “Campagnola” dei Carabinieri”.

L’inferno comincia alle soglie della capitale: la strada diventa una striscia nera bordata di polvere e calcinacci. Da ambo i lati palazzi “inginocchiati”, scivolati in avanti e crollati su pilastri sottili che sembrano fuscelli, a volte l’impressione é che pesassero troppo su quei deboli piedi d’argilla. Le tendopoli che occupano in cittá tutto lo spazio disponibile, piazzali stradali, aiuole, giardini pubblici e privati e financo marcipiedi.
Il contatto del gruppo partito da Boca Chica nella capitale haitiana è Paolo Chilosi un ingegnere romano presente sull’isola da oltre 30 anni che ci ospita nel suo ufficio.
Di lì a poco giunge la responsabile di uno de due orfanatrofi visitati da Prudenza, Dussich e Franzoni, Madame Yvelise Plantin e poi Vladimir ,un collaboratore e referente di Paolo Chilosi.
“Tutti assieme siamo entrati all’orfanatrofio di Madame Plantin – racconta Prudenza – un nugolo di bambini ci viene incontro festosi. A fare loro da angeli custodi 3 francesi su un mezzo delle Nazioni unite con la maglietta nera, tipo quella che usa il nostro Bertolaso, col bordino tricolore e lo scudetto sul braccio blu-bianco-rosso. Vedo scaricare vari sacchi di aglio di provenienza argentina. C’è tutto il mondo a dare una mano, e ci siamo anche noi, italiani residenti nella Republica Dominicana”.

Nella struttura gestita dai nostri amici ci sono 100 bocche da sfamare, bambini da accudire e consolare. Hanno perso la mamma ed il papà. Nei loro occhi però c’è ancora la voglia di vivere e la gioia spontanea dei bambini.
I loro occhi brillano quando lasciamo parte dei vestiti raccolti da Ivo Bellaccini a Boca Chica e da Paolo in Capitale che abbiamo portato con noi dalla Republica Dominicana.
La seconda tappa è ad un altro orfanatrofio che ci viene detto gestito da tre sorelle giunte ad Haiti tre giorni dopo il terremoto. “Si pensava fossero italiane – aggiunge Gianni Prudenza – ci viene incontro una di loro che parla italiano ma di li a poco mi dice che é di Lugano, e si chiama Michela, Michela Schneider. E’ giovane e bella, dai modi molto educati e gentili dall’aria peró molto stanca.
Parla molto bene l’italiano quasi priva del tipico accento ticinese.

L’orfanatrofio da lei diretto ospita 116 bambini tra maschi e femmine grosso modo dai 3 ai 12 anni.
Distribuiamo il rimanente dei vestiti e un poco di cibo, facciamo indossare alcune magliette della Dussich Services,S.R.L. portate da Paolo con spirito di sprone alla casa mandante a partecipare, la CAME CANCELLI AUTOMATICI S.p.A. di Treviso e facciamo alcune fotografie coi bambini allegri e sorridenti nonostante tutto.
Non lontano dall’orfanotrofio Paolo Dussich e Gianni Prudenza si concedono una pausa in un ristorante chiamato “Fior di latte”, gestito da Beatrice, una signora di Locarno.

La sera l’alloggio è nell’hotel “Ibo Le Le”, nel parcheggio, di fronte all’hotel una quindicina di automezzi bianchi con la scritta N.U.
Un momento di relax alla fine della prima giornata ad Haiti, dall’hotel si gode una vista fantastica dato che sta in collina e da li si vede tutta la cittá sottostante illuminata.
“La sera usciamo per andare nuovamente nella parte bassa di Petion Ville -ricorda ancora Gianni – Ad un certo punto percorrendo una strada ci colpisce un telo luminoso video, sembra un telo cinematografico o televisivo, noi lo vediamo da dietro, e cioé dalla strada, ci fermiamo incuriositi, scendiamo dall’auto e veniamo subito colpiti da un forte odore acre dolciastro che sale dalla tendopoli sottostante tre metri circa, posta su un campo da calcio.

C’é un parapetto, ci affacciamo, e vediamo una sorta di cinema all’aperto a sinistra e un predicatore che parla ad una piccola folla a destra; nel mezzo capannelli di persone che chiacchierano, molte camice bianche con la cravatta, sono gli uomini, le donne vestite di vari-colori, é sabato sera. Dietro loro, attaccata, la loro tendopoli. Provano a fare una vita normale in un posto in cui la vita che non è mai stata facile, sembra quasi impossibile”.
Lì vicino c’è un altro italiano, è il gestore de “Il Vigneto Ristorante Italiano e Pizzeria”, un giovane catanese di nome Fabrizio dai modi molto affabili e gentili. Racconta di avere avuto pochi danni materiali dal terremoto e di avere sistemato rapidamente il tutto. “Passiamo una bella serata, conosciamo José, un messicano – spiega Paolo Dussich – il direttore del cementificio CEMEX ad Haiti ma soprattutto ci beviamo un’ ottima bottiglia di Ripasso di Valpolicella Bertani che ci siamo portati mentre l’ultima, quella di Rosso Salento l’abbiamo regalata a Fabrizio, ovviamente anche queste ultime due ”bocce” gentilmente offerte alla “spedizione” dall’amico Fabio Tedeschi”.

Auguriamo buona fortuna a Fabrizio che spiega tutta la sua preoccupazione: “cosa succederà quando alla gente che ha perso tutto quel poco che aveva verranno tolti gli aiuti?”.
“Una domanda che mette inquietudine – riflette Dussich – a cui spero che non venga data risposta. Non possiamo lasciare sola questa gente, hanno bisogno di tutto e quello che abbiamo portato è una goccia, ma una goccia è preziosa se intorno c’è solo deserto”.
La serata si chiude in un locale, dove Paolo Dussich e Gianni Prudenza incontrano un simpatico salernitano, Vito che lavora per una ditta italiana in appoggio alla “Cavour”.
“Abbiamo sempre con noi una bandiera – spiega il presidente del Com.It.Es. Paolo Dussich – e Vito quando la vede ci dice di attaccarla ad una parete dove ve ne sono altre: una dominicana, una haitiana, ed una francese e cosí facciamo, ci assicura che periodicamente ci manderá una foto a garanzia del suo impegno che nessuno la tolga”.

La mattina dopo al ritorno nella parte bassa della capitale un segno di normalità in mezzo alle macerie.
“Scendiamo verso la citta bassa é domenica ed incontriamo molta gente con rami di palme arrotolate a ricciolo e ci ricordiamo che stiamo entrando nella Settimana Santa – ricorda Gianni Prudenza – Ed é solo oggi, giornata domenicale con meno gente ed auto per le strade, che ci rendiamo conto veramente della vastitá del disastro.
Percorriamo la parte vecchia della capitale, qua le case crollate sono veramente tante, diciamo che la metá delle case sono totalmente inservibili, arriviamo davanti al Palazzo del governo che é imploso su se stesso con le cupole crollate, immagini che hanno fatto il giro del mondo, il parco circostante il palazzo é pulito ed ordinato, non si vede nessuno dentro. Di fronte un altro parco, adibito a grande tendopoli, la gente che vi si vede muoversi appare, nonostante l’immensa promiscuitá, normale; si lavano, si sbarbano, si pettinano si vestono come se nulla fosse. Lasciamo l’auto di fronte alla tendopoli ed attraversiamo la strada per fare alcune foto al Palazzo, torniamo all’auto e la stessa gente di prima sembra quasi non vederci, nessuno ci chiede nulla, nessuno allunga una mano, bambini non se ne vedono quasi, chissá dove sono i bambini.
Ci troviamo poi a percorrere una strada molto larga e rettilinea molto commerciale, lí i crolli delle case sono veramente tanti, le costruzioni sono molto vecchie, molte case sono fatte senza ferro con dei blocchi tenuti assieme forse solo da calce gesso e sabbia, le macerie sono state tolte dalla strada ma raccolte sui marciapiedi e sopra le macerie la mercanzia in vendita dei negozi.
Si capisce bene che le macerie delle case crollate sono rimaste tutte lí, nessuno ha ancora spostato nulla e sono trascorsi oltre 2 mesi dal sisma. Chissá cosa aspettano”.

Il resto della domenica Dussich e Prudenza la passano in auto sulla via del ritorno verso il posto di frontiera di Mal Paso.
“Durante il viaggio sino alla capitale veniamo tutti e tre presi da molti dubbi ed interrogativi – ricorda Prudenza – a cui non abbiamo saputo dare una risposta, quando arriverá il container e dovremo accompagnarlo ad Haiti magari avremo le idee piú chiare.
Arrivati a Santo Domingo ci salutiamo ed ognuno prende la direzione della propria casa. Chissá cosa ci siamo portati dentro di ció che abbiamo visto. Certo é che ho cominciato ad usare l’espressione ” bisogna vedere per capire” tanto per non dire molto, forse perché non sono certissimo di avere molto capito.
Le macerie ancora tutte lí, la poca gente per strada la domenica mattina, la quasi totale assenza di bambini per le strade, la gente che ti guarda e non ti dice e chiede nulla, i bottegai che non fanno nulla per invogliarti a comperare le loro carabattole, le signorine che si offrono a prezzi europei, tutto ció a me che vivo nei caraibi da molti anni fa una certa impressione. Chissá cosa riserva il futuro a questi infelici. Francamente credo molto poco”.
Qualcosa di più, una goccia nel deserto arriverà dall’Italia: un container pieno della solidarietà dei veronesi. E perchè quella preziosa scintilla di speranza accenda i nuovo gli occhi dei bambini degli orfanotrofi Paolo Dussich e Gianni Prudenza sono pronti a tornare ad Haiti, in quel posto dove “bisogna vedere per capire”.