Premio Barbara Cappochin: l’analisi di Ivo Rossi tra biennale di architettura e biennio delle costicine

 

A Venezia va in scena in queste ore, alla presenza del Presidente del Consiglio e di numerosissimi ospiti internazionali, la Biennale di architettura dedicata alle periferie. A Padova, città dove le periferie e la rigenerazione urbana sono andate in scena – a cura della fondazione Barbara Cappochin – con una straordinaria mostra sull’opera di Renzo Piano, si assiste alla contemporanea manifestazione del rancore intimidatorio, messo in atto da una figura più nota al grande pubblico per la sua propensione a portare al pascolo i maiali.
Basterebbe questo parallelo per indurci a riflettere sulla deriva culturale in cui siamo precipitati, che non a caso ha portato la benemerita Fondazione Cappochin a traslocare la prestigiosa Biennale di Architettura verso altri lidi.
E’ evidente a chiunque abbia un minimo di buon senso e di onestà intellettuale, che il merito dell’accusa è privo di ogni fondamento, in quanto i rapporti fra il Comune e la Fondazione sono sempre stati improntati all’assoluta trasparenza. Ma, soprattutto, va ricordato come sia stata la città a guadagnarci e a crescere con la presenza di migliaia di visitatori qualificati provenienti da vari paesi europei e dal resto d’Italia. Ma forse proprio questa presenza di foresti deve aver infastidito chi teme pericolose contaminazioni culturali in una città progressivamente trasformata in quieto borgo addormentato.
Da parte sua la Fondazione e il suo presidente, a cui non a caso è stata affidata la guida dell’Ordine degli architetti italiani, hanno sempre e solo agito senza alcun fine di lucro, mettendo semmai a disposizione della città il lavoro gratuito e la passione di decine e decine di architetti, gratificati solo dal riconoscimento internazionale al loro lavoro. Uno spirito di servizio raro di questi tempi e di cui si dovrebbe essere grati.
Quello che colpisce è un’amministrazione, il suo capo in primis, che istruisce continue intimidazioni da far firmare a qualche comparsa, temporaneamente sottratta alle fatiche quotidiane fatte di costicine e braciole. Uno stile vigliacco, traboccante solo di cattiveria contro chiunque abbia dimostrato di essere uno spirito libero, colpevole in questo caso di aver rilasciato un’intervista sull’assenza di progetti per la città.
Si tratta di un segno di grande nervosismo. Si riconosce infatti, com’è accaduto più volte in questi ultimi due anni, che quando il signorotto che siede a palazzo avverte che l’opinione pubblica comincia ad interrogarsi su progetti e opere che non ci sono, è costretto a ricorrere all’arma della distrazione di massa, fatta di intimidazioni e di presunte rivelazioni provenienti da un passato che evidentemente lo ossessiona.
Ma come tutte le altre intimidazioni, anche questa finirà solo per mostrare il volto di una politica senza cultura e senza prospettive.

Ivo Rossi

Padova 28 maggio 2016

PS. Allego il mio saluto a Renzo Piano e una riflessione su periferie e rigenerazione urbana.