Confesercenti: “Solo un commerciante su 10 vede crescere le vendite”

 

I timidi segnali di ripresa nelle esportazioni non trova assolutamente riscontro tra i commercianti padovani.
A dirlo sono i dati forniti dall’Osservatorio Economico della Confesercenti nel tradizionale trimestrale sondaggio su un campione di 192 commercianti al minuto della provincia di Padova. Ben il 90,2% dei commercianti intervistati nei vari settori merceologici dichiara di avere avuto o una diminuzione o una stagnazione delle vendite, mentre solo il 9,8 % dichiara che sono incrementate rispetto allo stesso periodo del 2010.
Siamo a livelli di massima allerta afferma il presidente della Confesercenti padovana Nicola Rossi, un momento così difficile non è stato vissuto dai commercianti almeno negli ultimi dieci anni.

Anche tra coloro che hanno dichiarato un incremento dei ricavi sono pochissimi (2 in numero totale) coloro che hanno dichiarato incrementi superiori al 20%.

Tra coloro che dichiarano di avere conservato il volume dei ricavi del 2010 la stragrande maggioranza esprime la propria soddisfazione per un risultato insperato, a comprova di quanto difficile sia il momento.
I segreti di coloro che hanno aumentato i ricavi sembrano essere abbastanza precisi: investimenti nell’esercizio, maggiore assortimento delle merci, miglior rapporto con i consumatori, fidelizzazione della clientela, innovazione nella proposta, investimenti pubblicitari, in alcuni casi anche la fortuna per prodotti legati a fenomeni particolari (assistenza informatica, telefonia, alta gastronomia).
Si constata anche una diversa cultura dell’alimentazione : mentre gastronomie, pasticcerie e gelaterie seppur con qualche dubbio sul futuro continuano a registrare risultati per lo meno senza perdite.
Unici segnali di tenuta arrivano dai negozi di informatica e telefonia soprattutto per quanto riguarda le attività di servizio legate alle novità (I pood, I phon ecc.)
Per quanto riguarda l’area territoriale unica area che rappresenta un discreto numero di risposte al positivo è l’area del Piovese e Conselvano, la percentuale di maggiore stabilità c’è nell’area della città di Padova mentre la più sofferente sicuramente la bassa padovana e l’area termale.
L’analisi per tipologia di esercizio indica chiaramente come il maggior numero di coloro che hanno avuto un incremento delle vendite sia tra i negozi nei centri commerciali e tra i pubblici esercizi.
Per quanto riguarda le tipologie sono gli esercizi tradizionali quelli che segnano di più il passo, seguiti dai mercati ambulanti, una tipologia commerciale che sempre ha saputo, con rapidità, adattarsi alle modifiche dei consumi sconta un periodo non facile.
Ad appesantire ulteriormente la situazione è il fatto che tra i commercianti che hanno incrementato le vendite o quelli che hanno avuto una stabilità dei volumi d’affari è diminuito l’utile operativo. In pratica le aziende della distribuzione in questi ultimi due anni (2009-2010) si sono mangiati quasi 8 punti percentuali del loro utile operativo per rimanere competitivi nel mercato. In altri termini pur tagliando e razionalizzando i costi per poter essere competitivi e rispondere alle disponibilità dei consumatori si è tagliato sull’utile operativo delle attività riducendo non solo l’utile aziendale ma soprattutto le possibilità di investimento.

Appare evidente come il dato non sia né merceologico ne strutturale. Il crescente pessimismo degli operatori del terziario si sviluppa indipendentemente dalla struttura e dalla merceologia in cui operano. La stagnazione dei consumi è quindi un dato generale che coinvolge merceologie, aree e tipologie. Dichiara il Presidente Rossi.

Anche una città ed una provincia a forte connotazione commerciale come Padova deve fare una lunga sosta nell’insediamento di grandi strutture agevolando e incentivando il rinnovamento dell’esistente. occorre fare attenzione ad uno sviluppo equilibrato tra le varie forme distributive , limitando lo strapotere delle grandi strutture di vendita a scapito di una rete distributiva pluralistica e concorrenziale. Anche con le aperture festive indiscriminate, chiude Rossi, si persegue questo squilibrio a favore della grande distribuzione.