Sull’area del parco Iris le bugie iniziano a venire al pettine della verita’

 

altFortunata la città in cui gli amministratori confidano sull’intelligenza dei propri concittadini e, di conseguenza, sfortunata invece quella in cui la politica coltiva e conta sull’ignoranza per consentirsi piena libertà d’azione. In quest’ultima città la bugia si sostituisce alla verità, la menzogna e la propaganda diventano regola per poter fare cose diverse da quelle promesse per carpirne il consenso. In quest’ultima città, l’intimidazione e l’insulto sostituiscono la dialettica civile, mettono ai margini la buona politica e anche la buona informazione, con l’obiettivo di fiaccare chi cerca di aiutare i cittadini ad aprire gli occhi.
Educato al valore della verità, che è una precondizione della nostra libertà, continuo a immaginare che le bugie, ancorché reiterate con baldanza, prima o poi si riveleranno tali. Vedasi i racconti a metà fra il disinformato e il mendace sul Piano del commercio per le medie e grandi strutture di vendita, per la ristrutturazione del vecchio ospedale diventato nuovo su vecchio e, nel giro di una settimana, nuovo su nuovo, per la sala giochi di via Lanari a Mortise che non sarebbe stata aperta in caso di vittoria (io so come fare, disse il nostro, altro che il questore), per la perequazione dell’area Canestrini (più nota come Iris) che sarebbe rimasta verde, ecc.; e potremmo andare avanti all’infinito.

Una lezione, fra le tante, che ho appreso dopo la campagna elettorale, è che raccontare balle certamente paga di più. Si può dire che si farà verde pubblico dovunque, salvo poi dire, che è colpa di quelli di prima, che è colpa di Renzi, che non mi lasciano fare, che ho trovato una situazione complessa, che… che …. che … e avanti così.
Però voglio continuare a immaginare cittadini più seri di chi li amministra, per questo, anche se è materia specialistica (e purtroppo c’è chi si augura che i cittadini non riescano a leggere le carte) provo a raccontare la vicenda dell’area verde compresa fra le vie Forcellini e Canestrini, simile a tante altre della nostra città, che rimanda ad un problema più generale con cui hanno dovuto far i conti tutte le città italiane alla metà degli anni ’90, per effetto di una serie di interventi a livello giudiziario (Corte Costituzionale) e legislativo. L’ha seguita allora il compianto prof. Luigi Mariani, persona stimatissima, rigorosa e perbene che, nella sua qualità di assessore all’urbanistica, si è trovato a fare i conti con innumerevoli aree vincolate dal PRG a servizi pubblici, in particolare di quelle il cui vincolo era stato imposto molti anni prima.

Padova si trovava in una situazione particolare, in quanto il PRG originale di Piccinato vincolava a servizi (in particolare a verde pubblico) quasi un terzo della superficie comunale, previsione in parte modificata negli anni ’70 – ’80 riportando ad agricola la destinazione delle aree verdi più esterne. Non è un caso che la città di Padova ha un’importante superficie specializzata all’agricoltura. La dimensione (rispetto a quanto previsto dalla legge) degli standard previsti, e la difficoltà da parte dei Comuni di acquisirli con l’esproprio (capacità ulteriormente compromessa dalla rivalutazione del prezzo di esproprio e dalle difficoltà della finanza pubblica) ha comportato, per tutte le amministrazioni, la necessità di rivedere le previsioni e di studiare delle norme che permettessero, da una parte di evitare la reiterazione del vincolo (operazione sulla quale pesava la prospettiva, poi concretatasi, dell’obbligo di un risarcimento annuale), e dall’altra di acquisire effettivamente molte di tali aree al demanio comunale, per rendere effettivi i servizi e le aree verdi previste dal PRG.

La soluzione introdotta nella variante (che andava a modificare le previsioni eccessive introdotte dalla giunta Destro), prevedeva l’utilizzo, allora innovativo, del cosiddetto metodo “perequativo” ovvero l’acquisizione a titolo gratuito delle aree a verde e servizi corrispondendo un limitato indice edificatorio ai proprietari.
La variante proposta dal prof. Mariani ha introdotto la suddivisione in tre tipi di aree a perequazioni e cioè:
la “perequazione ambientale” con indice di zona 0,15 m³/m² e cessione del 75% dell’area;
la “perequazione urbana”, per le superfici più piccole, con indice di zona 0,5 m³/m² e cessione del 50% dell’area;
e la “perequazione integrata”, con indice di zona di 0,25 m³/m² e la cessione del 70% della superficie.

Il Comune con questo meccanismo viene messo nelle condizioni di entrare in possesso del 70% dell’area che, nel caso dell’area Iris, corrisponde ad almeno altri 87.000 m², con un aumento dell’area parco attuale del 145%.
Non è stato solo un problema di Padova.
Tutti i Comuni si sono trovati ad affrontare lo stesso problema adottando la perequazione come strumento per acquisire a patrimonio pubblico le aree verdi previste dal PRG. Nel caso della nostra città questo ha consentito, nel periodo dal 2004 al 2014, di far crescere da 240 a 430 gli ettari a verde pubblico con un incremento di oltre il 70% in soli 10 anni.

Non solo, si può orgogliosamente rivendicare, come è stato ricordato da tutte le riviste di urbanistica, che gli indici adottati a Padova sono i più bassi in assoluto in Italia, con valori, a tal punto bassi, da far storcere il naso a più di qualcuno in quanto il controvalore in cubatura, a fronte della cessione del 70% delle aree, sarebbe stato simile, in termini monetari, ai valori di esproprio.

Questa è la storia, che fa i conti non con quello che ci piacerebbe fare o dire ( più parchi per tutti, più opere, più servizi, più … più … più …. campo in cui tutti sono bravissimi) ma ciò che risulta possibile alla luce delle disponibilità finanziarie delle amministrazioni e delle leggi che regolano ciò che uno può fare e ciò che non è consentito, pena la violazione, nel caso in specie, dei diritti dei privati.

L’area compresa fra le vie Canestrini e Forcellini può certamente rimanere tutta a “verde”. A chi non piacerebbe! La condizione però sarebbe quella che l’amministrazione la comprasse, con un esborso superiore ai 5 milioni di euro. Che il comune non aveva e ritengo non abbia nemmeno oggi. Per questo, quando si fanno promesse in campagna elettorale bisognerebbe essere seri…. O anche no. E i risultati si vedono già dopo soli 5 mesi.

Ivo Rossi
Padova 1 novembre 2014