Ultimo fine settimana per la mostra della pittrice Maria Candeo alla Loggia della Gran Guardia di Padova

 

Ultimo fine settimana per visitare la mostra Dro Drone Art di Maria Candeo alla Gran Guardia di Piazza dei Signori. Un racconto in 30 opere dipinte e incisioni di paesaggi visti dai droni o dai satelliti Maria Candeo ( www.mariacandeo.com ) . La mostra è organizzata dal Comune di Padova e curata da Enrica Feltracco. Proponiamo qui un estratto dal testo critico di Massimiliano Sabbion:

“…La tela diventa tavolozza e la pittura si fa alchemica, misteriosa e affascinante perché vibra delle stesse intense sensazioni trasmesse e filtrate poi con il “sensore personale” di Maria Candeo, la tela è il supporto perfetto a cui dar vita all’opera d’arte che si presenta: il quadro è sempre in perenne trasformazione, per l’artista non sarebbe mai completamente finito, sempre un’aggiunta da fare, sempre una linea da ritoccare, un colore da fluidificare o da caricare.

È per questo che negli oli presentati l’artista padovana trova la sua massima esplicazione, il suo messaggio passa con i colori ad olio come un continuo lavoro di plasmazione dove mettere, togliere, graffiare, strisciare, velare sono i verbi che meglio si coniugano in questo processo creativo.In un unico supporto Maria Candeo riesce a far combaciare più texture attraverso costruzioni materiche e tonali: l’artista diventa un proseguo satellitare quando fotografa la terra dall’alto, un sensore quando ne cattura l’essenza specifica tra solido e liquido, continua come se fosse il punto di vista di un aereo che si interpone tra cielo e terra rilasciando la sua scia chimica sulla tela, a mezz’aria tra l’essere e l’apparire, è inoltre il punto di vista di un uccello che si fissa nei particolari più vicini, ma è soprattutto un drone, libero di viaggiare, di volare, di bloccarsi ed osservare per salire in alto e poi ridiscendere fino a toccare terra ed è solo in questo momento che la visione si fa arte perché raccoglie non più la bidimensionalità di ciò che si vede, né la tridimensionalità delle cose, né la quarta dimensione spazio-temporale, ma l’associazione di un nuovo modo di fare pittura, di vedere e di sentire sia gli spazi infiniti, infinitamente grandi e infinitamente piccoli, sia i silenzi onirici.

Le sue tele e le sue incisioni sono mappature viste dall’alto, dove il territorio è percepito da un satellite, ma cui un drone ha deciso di dare il proprio contributo spaziando tra realtà e proporzioni che si fondono poi in modo elegante e scrupoloso in una nuova carta geografica in quanto l’osservazione da un punto di vista differente

rende in effetti piccole le cose, ma la presenza umana c’è, è muta e silente in una serie di trame chiarificatrici di cui è rimasta una labile traccia.Il risultato culminante è una visione cristallina che diventa l’alter ego dello spazio terreno, è il cielo capovolto che guarda e rimira la terra.

Rimangono le tracce dell’uomo, costruttore ed edificatore che si insinua nelle anse irregolari del paesaggio: desertificazione, industrializzazione, antropizzazione sono evocate in modo libero seguendo una partitura costruttiva che Maria Candeo anima in una sorta di nuova Land art dipinta che si è racchiusa in partiture animate da luci e ombre e allo spettatore viene chiesto solo di entrare e perdersi in questi spazi dinamici dove la tela non è più il supporto per i materiali, ma un intreccio labirintico fatto di ricerca, di cura ed eleganza dove la materia ha creato forme e da cui è scaturita la costruzione definitiva dell’opera. Gli oli si sovrappongono in campiture, in composizioni e velature, dove la tecnica e la padronanza della ricerca si respirano nei lavori dalle grandi dimensioni e si impreziosiscono nelle tele di piccolo formato in una pittura sempre attenta e mai caotica.

È un proseguo contemporaneo di opere dove si respirano le influenze da una parte viste nell’Informale materico tra Alberto Burri, Jean Fautrier e Jean Dubuffet,dall’altra invece nell’action painting di Jackson Pollock dove è la materia, è il colore che prendono vita e creano le forme.6 È un incontro visivo con le emozioni del silenzio attraverso i colori e le assonanze con artisti che nel suo percorso Maria Candeo ha trovato: Mark Rothko con le sue opere color field “espressione delle emozioni umane fondamentali”,  Gerhard Richter con le relazioni tra realtà e illusioni,Hubert Scheibl artista che sfida la percezione dello spettatore non descrivendo cose o idee, ma astraendo il concetto narrativo. Tutti questi artisti sono accomunati e sentiti da Maria Candeo poiché vicini ad un unico denominatore comune: non hanno paura del vuoto, non temono lo spazio, non soffrono la vertigine e la paura di cadere, non dubitano di perdersi.

Un drone riferisce il punto di vista soggettivo e oggettivo di ciò che vede e trasmette, è una realtà visiva in cui Maria Candeo si intinge e riconosce, i soggetti passano alla riconoscibilità di animali in mandria, di donne siriane in fuga, fino ad avvicinarsi al particolare delle velme di paludi e luoghi della laguna veneziana o terre secche e aride che si fondono con rigogliosi colori di altre più fertili, strade, vulcani, montagne sensibili alle fotocamere termiche, elementi che ritornano nei titoli delle opere: “Vulcano/ Volcano”; “Laguna di Venezia, velme e barene/Venetian lagoon, shoals and sandbanks”; “Troppo distanti per noi (donne siriane in un paesaggio dal satellite)/Too far for us (syrian women in a satellite landscape)”, mentre il “drone Maria” si fa arte, si fa Drone Art per importare sulla tela la forza della percezione, la stessa che si ritrova nella meticolosa segnatura sulle incisioni realizzate.

Non ci sono più limitazioni temporali e di forma, nelle opere di Maria Candeo dall’alto si prende la libertà della visione e si osserva, si scruta e lasciano andare i pensieri che si incarnano sulla tela, lo spettatore diventa un’immagine silenziosa ed è catturato mentre guarda attentamente tutto, da ogni punto, in un mondo senza confini, novello Damiel, l’angelo del film di Wim Wenders “Il cielo sopra Berlino”,e come lui squadra ogni barriera, ogni singolo terreno, ogni fiume, ogni siepe e ogni uomo in cui si riconosce e di cui si inebria.”